90…70…53…E poi? Non sono le misure di una top model, né i consigli degli esperti per le estrazioni del Lotto. 90 e 70 sono le percentuali con le quali nel 2012 e nel 2017 rispettivamente sono stati eletti a Sindaco di Agropoli prima Franco Alfieri e poi Adamo Coppola. 53% è invece il dato odierno, con il quale il candidato che rappresentava la squadra elettorale allestita da Franco Alfieri è stato votato come nuovo Sindaco di Agropoli. Il tale all’anagrafe è Roberto Antonio Mutalipassi, dottore commercialista, in passato per lungo tempo anche Revisore dei Conti al Comune di Capaccio Paestum e successivamente, in tempi recentissimi, assessore al Bilancio nella morente Giunta di Adamo Coppola. In campagna elettorale, Mutalipassi si è visto poco. Per lui hanno parlato le super liste che aveva, gli oltre 100 candidati e, soprattutto, il Sindaco di Capaccio Paestum, regista, stratega ed autentico pigmalione della coalizione. Alfieri ha, di nuovo, scommesso solo ed esclusivamente su se stesso, l’unica persona di cui si fida. Si è fatto carico di questa lotta ed ha dimostrato, come Caligola, di poter essere anche capace di far eleggere al Senato di Roma il suo cavallo, di nome Incitatus. Ma, c’è un ma. Ovvero, il dato politico di questa tornata elettorale di Agropoli, che doveva fare un po’ da termometro dell’indice di gradimento di Alfieri nella cittadina in cui politicamente ha costruito la sua sfera di influenza.
Un’elezione come quella agropolese non la puoi valutare sic et simpliceter, senza inserirla in un quadro temporale più ampio. Negli ultimi 15 anni, e nelle ultime due elezioni precedenti a questa, le percentuali con le quali era stata votata la proposta di Alfieri erano state degne di un Soviet. Questa volta, il prescelto Mutalipassi (un po’ anche per la sua poca dimestichezza – diciamo la verità) ha ottenuto “solo” il 53%, riuscendo per qualche centinaio di voti a superare la soglia ed evitare il ballottaggio. Questo è il dato politico, a differenza del dato elettorale che chiaramente pone come vincitore chi supera il 50%. E, come si sa, chi vince si prende sempre la sedia della ragione. Ma, quello che su Agropoli ci interessava misurare era il livello che faceva segnare il termometro, l’indice di gradimento del Duca di Torchiara e la sua metodologia. Ebbene, Agropoli, per la prima volta dopo tanto tempo, si è divisa. Metà elettorato non ha risposto all’appello. 1 elettore su 2 ha scelto l’alternativa, ha dato un segnale di sofferenza, ha lanciato la pietra nello stagno. Questa pietra, ora, dovrà essere raccolta da chi è stato eletto ed indicato come rappresentante dell’opposizione.
La metà degli agropolesi vuole facce nuove, vuole autonomia da ducati, baronie o signorie, vuole una normale dialettica democratica e di contrapposizione di idee in una Agropoli su cui, da più di un decennio, è calata la cappa del pensiero unico. Metà dell’elettorato ha complessivamente giudicato negativamente l’era Alfieri, gli ultimi 15 anni. Ha ritenuto inutili le opere pubbliche fatte, incapaci di portare uno sviluppo sul piano economico in una cittadina che ha un indice di disoccupazione tra i più elevati del salernitano. Ha preso coscienza delle difficoltà economiche in cui versano le casse dell’ente (stracolmo di mutui al 2045) che rendono al momento difficile finanche l’approvazione del Bilancio. Ha espresso il suo grido di dolore per la situazione della spiaggia invasa da fanghiglia e alghe. Ha manifestato la propria impazienza per la precarietà della situazione dell’Ospedale. Tutti questi problemi, uniti a tantissimi altri, portano oggi metà degli agropolesi a non credere più in Franco Alfieri, a volere per Agropoli una guida amministrativa alternativa. Sarà un monito anche per Capaccio Paestum? Questo non lo sappiamo, perché ogni comunità è una realtà diversa. Certamente, l’esercizio del potere è un fenomeno umano e, come tutti i fenomeni umani, ha un inizio e una fine. Ci scusi Giovanni Falcone per l’inopportuna parafrasi.
Carmine Caramante
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