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IL PRINCIPIO DI BIGENITORIALITÀ

Il principio di bigenitorialità.

Si tratta di un principio ormai insito nel nostro ordinamento giuridico, in base al quale un bambino sia detentore del diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso in cui questi siano separati o divorziati. E questo diritto si considera riconosciuto sempre e, dunque, in assenza della necessità di fornire una prova legale che accerti l’esistenza del diritto. Tale principio parte dal presupposto che, giuridicamente, entrambi i genitori, al momento della nascita del figlio, assumono nei suoi confronti degli obblighi normativamente disciplinati: obbligo al mantenimento economico del figlio, alla sua educazione, alla sua istruzione, a fornire un’assistenza morale, a rispettare le sue capacità, le sue inclinazioni naturali e aspirazioni, a farlo crescere in famiglia, ad impegnarsi “congiuntamente” a prendere decisioni che si collocano in perfetta armonia con gli aspetti personali e psico-attitudinali del minore, come quella di scegliere il percorso di studio. (Art.316 cc.) Tale presunzione legale ha costituito le fondamenta di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo il quale, allorquando si dovesse verificare l’interruzione del rapporto coniugale tra i genitori (separazione o divorzio), nell’ottica di una tutela degli interessi del minore, si preferisce disporre l’affidamento condiviso. La scelta, dunque, ricade sull’affidamento condiviso, perché l’interesse del minore si configura nel mantenere con entrambi i genitori un rapporto sereno ed equilibrato. Tuttavia, questa presunzione legale viene confutata ogni qual volta si dovesse constatare la sussistenza di effettivi ostacoli che impediscano il ricorso all’affidamento condiviso. Se, infatti, dovessero sussistere dei gravi motivi, si sceglie di optare, in deroga alla regola generale dell’affidamento condiviso, per l’affidamento monogenitoriale o esclusivo.

Quali sono i casi nei quali si dispone l’affidamento esclusivo?

In caso di violenza esercitata sui figli o sulla moglie in presenza dei figli, come nel caso dei maltrattamenti in famiglia. È sufficiente, in tal caso, fornire la prova delle continue ed ininterrotte violenze fisiche e morali perpetrate ai danni dei figli o anche soltanto della madre in presenza dei figli, per far sì che il giudice disponga l’affidamento esclusivo sulla base di un fondato pregiudizio per la vita psico-fisica dei figli. Altro caso è quello delle forti carenze di un genitore sul piano affettivo: si pensi al genitore che si disinteressi completamente del figlio minore, si rende irreperibile, sia assente nella vita del minore. Ancora, la tossicodipendenza del genitore che gli provoca un perdurante stato di incapacità a comprendere il significato delle proprie azioni. Il rifiuto del minore a intrattenere rapporti con uno dei due genitori. Precarie condizioni di salute mentali del genitore o disturbi della personalità del genitore. Il caso in cui il genitore venga arrestato perché accusato di aver commesso reati molto gravi. Infine, il caso di mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento al figlio, tanto da lasciarlo in condizioni economiche precarie.

Come chiedere l’affidamento esclusivo?

Ciascun genitore, in qualsiasi momento, può depositare un’istanza al giudice, con la quale si chiede di disporre l’affidamento esclusivo. Tuttavia, al fine di ottenere un esito positivo, l’istanza dovrà essere congruamente motivata: il richiedente deve fornire la prova dell’inadeguatezza dell’altro coniuge a svolgere il ruolo di genitore e, dunque, dell’elemento che rende impossibile ricorrere all’affidamento condiviso.

Quali sono gli effetti dell’affidamento esclusivo?

Con relativo provvedimento, il giudice dispone, innanzitutto, che il minore venga assegnato a uno dei due genitori e, cioè, quello ritenuto idoneo a ricoprire tale ruolo. Questo comporta che la responsabilità genitoriale viene esercitata prevalentemente dal genitore affidatario. Tuttavia, il genitore non affidatario può, comunque, partecipare alle decisioni più importanti nell’interesse dei figli, ad esempio, scegliere il tipo di scuola o l’attività sportiva da far praticare al figlio. Per quanto attiene, invece, alle scelte di ordinaria amministrazione (quelle meno importanti relative al quotidiano) vengono prese dall’affidatario in via esclusiva. Infine, è importante sottolineare che il genitore non affidatario sul quale, però, grava l’onere di versare il mantenimento nei confronti del figlio, è tenuto a farlo. Ciò ancora una volta a dimostrazione della tutela dell’interesse del minore: infatti, il minore non deve subire una restrizione in termini economici delle proprie condizioni di vita.

Valentina Cicatiello

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