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Lo scritto tra le righe

PARLESIA

Parlesia, frutto di un’accurata e minuziosa ricerca dell’autrice, colma un vuoto rimasto tale per lungo tempo, nascosto al mondo per la stessa volontà di chi lo utilizzava. Valeria Saggese ripercorre parallelamente alla sua ricostruzione linguistica la storia della musica partenopea, portando per mano il lettore nel mondo dei grandi autori napoletani, dedicando ad ognuno di loro uno spazio in cui si svela non solo la relazione che questi hanno avuto con la parlesia, ma anche parte della loro vita, il tutto arricchito da aneddoti privati che l’autrice ha custodito negli anni. Dolci e malinconici ricordi di artisti che hanno fatto la storia della musica e che lei ha avuto cura di preservare consapevole della fortuna di essere al cospetto di chi, quella storia l’ha scritta. Il suo incontro con la Parlesia avviene nel 2003, a bordo di una nave da crociera, lavorando a stretto contatto con i musicisti. Si tratta di un linguaggio antico, le cui origini si perdono nel tempo, fino ad arrivare ai musicisti napoletani che, come una preziosa eredità, la tramandano di generazione in generazione. Grazie al suo lavoro nel campo musicale pian piano entra in un mondo precluso ai non addetti, incuriosita inizia a conoscere quel linguaggio, ad impararlo e a comprenderlo nelle sue più ampie sfaccettature. Tante le storie legate a questa lingua misteriosa che la porteranno a raccontarne vent’anni dopo la nascita, l’evoluzione e farne un glossario, che per rispetto della natura stessa della parlesia non svela del tutto per lasciare un pizzico di mistero. Nel libro inoltre vi è anche una sorta di diario personale ricco di esperienze legate al suo lavoro. Gli autori presenti in questo libro vanno da James Senese a Enzo Gragnaniello, da Eugenio Bennato a Fausta Vetere, passando per Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Gigi D’Alessio, Valentina Stella fino ad arrivare a Vincenzo Salemme, Clementino e Gnut. Tra tutti il grande Pino Daniele, che ha utilizzato nelle sue canzoni molte parole della parlesia, è spesso ritenuto uno sdoganatore di quel linguaggio segreto. Composizioni la cui bellezza non risiedeva nella comprensione delle singole parole, ma nell’intreccio, nell’unione di quei termini, in grado di dare vita e fare musica creando pause, lamenti, preghiere incomprensibili e tuttavia riconoscibili, capaci di fermare il tempo o fare miracolosi salti temporali. Al termine di questo viaggio, Valeria fa una sorta di analisi anche della sua vita, che ha dovuto rileggere per poter scrivere nero su bianco quello che negli anni aveva vissuto: “Siamo tutti a bordo di una nave, e ogni porto è una tappa fondamentale del nostro viaggio. Durante la navigazione incontriamo alcuni segnali: la sfida è saperli cogliere, e seguire l’onda. C’è sempre un filo invisibile che può palesarsi. Il mio è certamente la musica.

Laura Russo 

Leggi  QUI  la copia digitale de Il Commendatore Magazine.

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