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Il cinema ritrovato

LA POTENZA DI UNA COLONNA SONORA

Questa volta parliamo di un elemento che spesso è la vera chiave del successo di un film, al di là degli attori, della regia, della fotografia e di tutte le altre componenti di una pellicola del grande schermo. Andando per esclusione, ovviamente parliamo della colonna sonora. Nella storia, molte sono diventate vere e proprie icone nei generi più disparati possibili. Dalla fantascienza al fantasy, dal thriller alla saga, dallo sport all’avventura. Potremmo riempire un solo articolo solo citando i titoli. Chiaramente ci riferiamo a quelle colonne sonore che, al solo ascolto, ti rimandano alle scene del film. Alcune sono secche, nel senso che è una e una sola, altre sono disseminate per l’intero film. Quel che è certo è che la colonna sonora non è invecchiata nel tempo, volendo intendere che è sempre stata un elemento portante, mai passato di moda, in una azienda, quella cinematografica, che si è trasformata in maniera radicale negli anni e che via via ha perso per strada capisaldi di un cinema diventato antico nel giro di pochi lustri. Noi tutti ricordiamo la musica di Via Col Vento, e immaginiamo Rhett Butler che bacia Rossella O’Hara. Se ascoltiamo i Goblin e il loro famoso adagio, ci prende il terrore pensando alla scena di Profondo Rosso. Come non ricordare la musica che accompagna il salvataggio insperato e impossibile della bella di Indiana Jones, attaccato con le unghie ad una fune di fortuna. Ascolti Morricone, la musica di C’era una volta in America, e pensi di andare a letto presto, come Robert De Niro. Questi sono esempi di musiche, come detto nell’incipit, secche, che al primo suono richiamano la scena. Certo lo fanno anche le altre, ma più a macchia di leopardo. Prima di pensare alla follia di chi vi scrive, mi spiego: come si fa ad etichettare con un solo brano la saga di Rocky. È incredibile come si possano azzeccare così tante canzoni, da Rocky 1 a Rocky 4 compreso, abbinate ad un solo film, tanto da farti convincere che siano nate e morte apposta e che nessuna avrebbe reso così tanto un’emozione. Idem per il Gladiatore, pervaso da musiche di forte impatto emotivo. Come non pensare a La febbre del sabato sera in cui il falsetto dei Bee Gees ha lanciato il giovane Travolta, più e più volte, in tutto il campionario dei suoi stati d’animo. Ce n’era una per ogni scena e tutte leggendarie. A proposito di leggende. Ovviamente ce ne sono anche riguardo all’argomento di cui parliamo. Lo abbiamo già citato, Ennio Morricone, forse la figura più iconica in questo contesto. Sulla breccia da, mi verrebbe da dire, centinaia di anni. Un uomo che, semplicemente, sarà ricordato per sempre. Le musiche de Il buono, il brutto, il cattivo, Per un pugno di dollari, hanno stregato Tarantino che lo ha ingaggiato per la colonna sonora di The Hateful Eight. Non ci sarebbe stato Sergio Leone senza Ennio Morricone. Ora, permettetemi di fare un nome che sarà sconosciuto ai più e che vuol significare i tanti bravissimi compositori che creano capolavori assoluti per altrettanti capolavori di film e che però non sono, nell’immaginario collettivo, delle icone. Un nome su tutti, Joe Hisaishi (forse l’esempio sbagliato perché icona lo è a tutti gli effetti) autore delle colonne sonore dei film di Takeshi Kitano. Musiche che ti sventrano l’anima, che ti entrano nel cuore per non uscirne mai più, e che sembrano disegnate sulle scene, come un guanto di sartoria.

Carlo Marrazza

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