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Il cinema ritrovato

BABYLON, ODE FRENETICA ALLA HOLLYWOOD DEGLI ALBORI

In questo numero parliamo di un film, uscito lo scorso anno, che aveva tante aspettative. Pubblicizzato in maniera adeguata al prodotto, un cast di prima qualità, una regia affidata a quel Damien Chazelle, autore di La la Land e Whiplash, che hanno avuto gran successo di pubblico, di critica e di incassi. Il film è Babylon, che noi abbiamo visto. La pellicola dura 3 ore e, diciamolo subito, si fa vedere. In poche parole, le 3 ore non ti pesano. Ritmo volutamente frenetico, almeno nella prima parte, quella che ti stuzzica l’appetito, piena di trovate che ti invogliano a continuare, fuochi d’artificio e immagini spettacolari, quelle che ti tolgono il dubbio di stare 3 ore ad annoiarti. Chi ha visto qualcosa, sul grande schermo, come vi scrive, può fare un’analisi abbastanza credibile, tenendo conto del suo background. Allora, un film che si può permettere un cameo, nemmeno tanto pronunciato, per un attore come Tobey Maguire, è un film che si può permettere tanto altro. I protagonisti assoluti sono, al solito, un bravissimo Brad Pitt e una straordinaria Margot Robbie, perfetta nella parte che interpreta. L’ambientazione si pone nel 1926, parla di cinema e di come gli attori di quel tempo trascorrevano le serate. Andiamo subito al punto. Il film è un mix di The Artist, Eyes Wide Shut, Il Grande Gatsby e The Wolf of Wall Street. Molte scene e, nel caso del personaggio di Brad Pitt addirittura la trama, richiamano fortemente queste pellicole. Il passaggio dal cinema muto al sonoro, che stronca la carriera di Jack Conrad, Brad Pitt, stella indiscussa, alcolista e collezionista di divorzi del cinema hollywoodiano del tempo è, divorzi e alcool a parte, esattamente la trama di The Artist, film meraviglioso di qualche anno fa, che si basa sulla decadenza degli attori del cinema muto che scoprono, improvvisamente, di essere il giurassico e, amaramente, sentono la propria voce dileggiata dalle risatine di scherno degli spettatori. Che dire della prima scena, la festa ripiena di droga, alcool, elefanti come attrazione, esasperazione, arrivismo, voglia di farsi conoscere, ambizione, abitudine e noia. Stanze dove il sesso è consumato e visibile, su tavoli e soprammobili, con maschere e con chi osserva. Cosa è se non la riproduzione fedele della scena del castello di Eyes Wide Shut, in cui un incauto Tom Cruise si trova dove non si doveva trovare. Fatte le dovute alchimie di narrazione. Ah, la spettacolarità della prima scena, come detto, frenetica e coinvolgente è tale e quale l’inizio de Il Grande Gatsby, in cui la creme de la creme si catapulta in feste su macchine lussuose e stracolme di gente ubriaca. Manca la sottigliezza del padrone di casa che non si fa vedere, il Leonardo DiCaprio della situazione, ma l’incipit e l’impatto è lo stesso. Margot Robbie. Fantastica. Arrivista, decisa a tutto pur di poter uscire dalla sua condizione miserrima, che si trova, tramite circostanze assurde, a recitare in un kolossal della Kinoscope, sostituendo un’attrice devastata dalla sera prima. Il dialogo di quando arriva sul set è una delle chicche del film. Aiuto regista: “Ma non avevamo quella con le tette?”. Assistente: “Ha avuto un problema”. Aiuto regista: “Quindi niente tette?”. Assistente: “No”. E da lì una sequenza in cui l’aspirante attrice recita piangendo a comando. Più lacrime, meno lacrime, prima una lacrima e poi due. E, sorpreso da cotanta bravura, l’aiuto regista dice: “Come fai a piangere così?”. Risposta: “Mi basta pensare da dove vengo”. Il film è una finestra amara su come quello che può apparire scintillante e invidiabile sia in realtà un mondo pieno di tristezza, di inquietudine, di delusioni. Soprattutto in quei tempi. Grandissima scenografia, bella la colonna sonora, i costumi di una fattezza incredibile e il solito triste finale, in cui i protagonisti muoiono in circostanze molto diverse. Brad Pitt per dignità, dispensando l’ultima mancia a un cameriere dicendogli: “Questa è la mancia più grande che avrai nella vita. Goditela”. Mentre colei che aveva raggiunto l’apice decise che il peso era troppo grande da sopportare. In mezzo un apprendista innamorato, che si ritrova, anni dopo, con moglie e figlia a ricordare i tempi in cui era tutto diverso. Un film da vedere, la parte di Tobey Maguire non è stata sviluppata perché avulsa dal contesto, così come quella di un attempato padre di Julia Roberts, cui è stato dedicato un ruolo, nemmeno citato nelle notifiche. Fatemi sapere. G.M.

Carlo Marrazza

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