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BECO – UN ROMANZO SU AYRTON SENNA

Ayrton Senna: l’uomo oltre l’eroe. Intervista allo scrittore Leonardo Guzzo, autore del libro “Beco”, biografia in romanzo di Ayrton Senna.

A tutti noi sarà capitato, almeno una volta nella vita, di sentire di esserci spinti al massimo. Al massimo delle nostre capacità, delle possibilità, delle circostanze ambientali, fisiche, morali. In quei momenti abbiamo avvertito l’impossibilità di un “oltre”. Eppure, attraverso la storia di alcuni personaggi, quell’oltre ci viene presentato come un luogo che, in qualche modo, è possibile raggiungere. Non c’è una mappa nascosta in un forziere che ci conduca in quel luogo, non esiste un testimone che possa indicarci la rotta. L’unica cosa che possiamo dedurre come metodo è il cercare di comprendere la personalità di coloro che, quando tutto e tutti determinavano che si era al limite, hanno schiacciato ancora di più l’acceleratore, hanno dato un colpo di sterzo, hanno visto un corridoio dove infilare il muso della propria vettura e dei propri sogni a una velocità più elevata di quella di cui è capace il nostro occhio. Registi e attori di fotogrammi impossibili, che sono veri e propri scatti polaroid di quell’ultra-universo, inaccessibile ai più. Genialità? Rischio? Follia? Ricerca di se stessi? È difficile definire il carattere e le peculiarità di chi supera i confini tra il possibile e l’impossibile, tra il ragionevole e l’irrazionale, tra il riuscire a essere eroe e il fallire e morire da mito. Lo scrittore Leonardo Guzzo ci permette di entrare nella tuta e nel casco di Ayrton Senna, di sentirne le tensioni, di coglierne le motivazioni e il pathos, fino a quell’ultimo colpo di acceleratore, a quell’ultimo tentativo di sorpasso, fallito in pista per portarlo primo al traguardo, ma riuscito per condurlo nell’Olimpo, tra gli dei immortali. E a noi che restiamo qui, nel nostro recinto mortale, non resta che il rimpianto. Perché in fondo, come canta Cesare Cremonini in una sua celebre canzone, “da quando Senna non corre più, non è più domenica”.

Il tuo terzo esordio letterario ti vede alle prese con un genere “ibrido”, a metà strada tra la biografia e il romanzo. Quali sono i punti di forza di questo genere di scrittura e quali invece le difficoltà in cui ti sei imbattuto?

“Il punto di forza è che ho deciso di trattare di un personaggio realmente esistito, conosciuto e amato da tutti. Ciò mi ha agevolato nell’intento di catturare l’attenzione del pubblico. Tuttavia, in casi come questi, la difficoltà più grande risiede nello stabilire come presentare al pubblico una storia già conosciuta senza incorrere nel rischio della banalità. Di qui l’idea di imprimere la mia peculiare visione di Ayrton Senna, facendo emergere gli aspetti della sua personalità che mi hanno maggiormente colpito. Ho rinunciato alla prevalenza del dato storico, che pur rimane veritiero ma sullo sfondo, per condurre una vera e propria indagine introspettiva, in cui i fatti della sua vita passano in secondo piano e viene altresì stravolto l’ordine cronologico degli eventi. Il fine ultimo dell’indagine è stato dunque raccontare una storia vera ma in un modo mai fatto prima, servendomi delle preziose testimonianze di chi lo ha conosciuto per ricavarne i vari aspetti della personalità. E così, ricostruendo il Senna persona, ho riabilitato il valore simbolico del Senna personaggio”.

Dal punto di vista dei contenuti, il tuo racconto sembra allinearsi a quel filone letterario contemporaneo che smaschera il volto antieroico dei propri beniamini. Cosa ha da insegnare un antieroe alle nuove generazioni?

“Non considero Senna un esempio morale. La sua vita privata non è stata scevra da errori e fallimenti. A mio avviso, la sua dimensione eroica va ricercata nella genuinità dei suoi intenti. Si è opposto al nichilismo, decidendo di non subire le circostanze bensì di governarle. Ha voluto spingersi oltre il limite di quanto sia normalmente dato di fare a un uomo, abbracciando la sua fede con devozione smisurata e lasciandosi trasportare completamente. È questo che esalto nel mio libro: l’eroe moderno non è Achille che vince sempre, imbattibile e immortale se non fosse per il tallone, ma è quello che, morendo, preserva intatta, fino alla fine, la sua veste di umanità. Come Achille, anche Senna sa che la sua vita è in pericolo, ma a differenza dell’eroe classico non gode della protezione degli dei: non esiste alcuna garanzia di tornare a casa sano e salvo, per lui. Malgrado ciò, non si è mai risparmiato, anzi, ha combattuto fino alla fine con la dignità e l’integrità che contraddistinguono un mortale che si accinge a sfidare i limiti della natura umana”.

Tre qualità di Ayrton Senna che hanno sedotto il Leonardo scrittore?

“La popolarità del personaggio, la portata simbolica e l’eroismo nel senso moderno del termine, essendo stato campione di uno dei pochissimi sport del mondo in cui si gioca con la propria vita, in ciò potendosi cogliere le dovute affinità con gli eroi dell’antica Grecia. Peraltro, aveva conquistato il cuore anche di quanti non erano appassionati di corse, probabilmente per il suo carisma e la sua temerarietà, che lo rendevano riconoscibile, degno di stima e ammirazione. Insomma, il fatto che Senna abbia incarnato un simbolo non solo nel mondo dello sport, ma anche su un piano più marcatamente concettuale-esistenziale, lo ha reso sin da subito affascinante ai miei occhi, in quanto si presta facilmente a impersonare il protagonista di una storia avvincente”.

Tre qualità di Ayrton Senna che hanno sedotto il Leonardo persona?

“L’autenticità, in quanto ha vissuto la sua esistenza da protagonista, dandosi senza compromessi e senza remore. Il coraggio delle proprie scelte, che ha pagato con la vita. La capacità di investire tutto nella sua passione e a nessuno ha mai permesso di fermarlo, nemmeno agli affetti più cari, che nulla avrebbero potuto pretendere da un essere straordinariamente geniale della sua portata. Non riconoscere la sua grandezza, anteponendo i propri reclami egoistici al compimento del suo destino, sarebbe stato come condannare il figlio di Dio alla mediocrità. Oltraggiarne la sacralità e lo spirito”.

Che valenza ha per te “seguire la propria natura”? L’ineluttabilità del proprio destino o il trionfo del libero arbitrio?

“Dal mio punto di vista, le due cose coincidono. Seguire la propria natura è azzerare tutto e ascoltare la voce del cuore. In questo sento di somigliare molto a Senna, mi reputo autentico in tutto ciò che faccio. Non c’è un destino scritto né si può fare sempre appello al libero arbitrio, perché si rischierebbe di portarlo alle estreme conseguenze, ad esempio restando fermi al bivio del tempo che non passa mai, totalmente incapaci di imboccare una direzione. Avere troppe possibilità equivale a non averne affatto. Seguire la propria natura, in definitiva, è scegliere non previo ragionamento ma secondo il nostro particolare sentire. È improntare la nostra vita a ciò in cui crediamo. Richiede coraggio, è vero. Ma se quella scelta, sebbene sofferta, è in linea con la mia natura, la paura passa all’istante. E sono pronto ad accogliere, con fiduciosa consapevolezza, anche le conseguenze”.

Milena Cicatiello

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