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INTORNO ALLA LEGGE ZAN – L’ANALISI DI MARIA DE RINALDIS

Diciamoci la verità. La libertà di poter fare le proprie scelte sessuali e in base a queste costituire matrimoni e famiglie, per i giovani di oggi e non solo, ha raggiunto una tale complessità e varietà da generare confusione. Vediamo insieme le definizioni che dobbiamo conoscere per affrontare il tema, per poi passare velocemente dalle opinioni ad una seria riflessione. L’acronimo in italiano di LGBT sono le inziali di Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender; in uso fin dagli anni novanta, in quanto si notò che il termine comunità gay non rappresentasse accuratamente tutti coloro a cui il termine si riferiva. Un’auto-designazione convenzionale, adottata dalla maggior parte di centri sociali e media. Proprio in questo mese di maggio 2021 in Italia al Senato si sta spingendo per l’approvazione del ddl contro l’omotransfobia, ribattezzato anche “legge Zan”, dal relatore Alessandro Zan (deputato del Pd) che vuole andare ad integrare in un decreto precedente un ulteriore differenziazione avvenuta nel frattempo. Non è la sede questa di una conoscenza tecnica ma il titolo del ddl è: “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, sulla disabilità”. In queste misure di prevenzione di contrasto si chiama in causa non la famiglia, come fonte di educazione al rispetto, ma la scuola di ogni ordine e grado che dovrebbe sviluppare questi temi; anche con l’inserimento di una giornata nazionale contro l’omofobia il 17 maggio. Mentre nelle misure di contrasto vengono indicate per i giudici le condanne da attribuire se l’opinione di una tale persona ha generato l’istigazione alla violenza o alla discriminazione. Previsto lo stanziamento di 4 milioni di euro all’anno per i centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere, per prestare assistenza legale, sanitaria, psicologica e anche vitto e alloggio alle vittime dei reati di odio e discriminazione.

Viene specificato che:

“Per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico; per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso o di entrambi i sessi; per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Ma come è possibile ridurre a categorie storie così diverse e dolorose di persone, che spaccano il corpo e l’anima, travolgendo gli stessi genitori in dichiarazioni di coming out; presentare queste realtà in cortei e discussioni come se fossero delle passeggiate per passare da un lato all’altro della strada? Con il termine omotransfobia si indica la paura, l’odio, l’intolleranza e l’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità, della bisessualità e della transessualità e quindi delle persone omosessuali, bisessuali e transessuali, basate sul pregiudizio. L’Unione Europea la considera analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo.

PRECISAZIONI

E ora facciamo una prima precisazione. Esiste un doppio movimento, una richiesta di riconoscimento dei diritti LGBT che preme all’interno di ogni Paese, con manifestazioni e presentazione di leggi, e un movimento internazionale che annota quei paesi in cui viene vissuto come reato essere LGBT. In 72 Paesi al mondo essere gay è un reato. In 8 di questi è prevista la pena di morte. In nessun Paese al mondo lesbiche, gay, bisessuali e/o persone transgender hanno la piena parità dei diritti. Circa 2,8 miliardi di persone si trovano in Paesi in cui vivere apertamente significa sacrificare la famiglia, la libertà, la sicurezza o la dignità. Ma dobbiamo fare un’ulteriore precisazione: ci viene ricordato che non si nasce omofobi ma lo si diventa attraverso l’educazione, i messaggi, diretti e indiretti, che la famiglia, la politica, la Chiesa e i media ci trasmettono. Fin da bambini tutti noi acquisiamo convinzioni e valori che ci vengono presentati come assolutamente giusti e legittimi, quindi ereditiamo una cultura omofoba. Quindi l’omofobia viene vissuta come una resistenza ai cambiamenti sociali, una discriminazione che genera diffidenza e disprezzo. Questo è ciò che viene detto in difesa di una libertà che vuole spazzare ogni opinione diversa, il rispetto reciproco di opinioni che una persona ha diritto di esporre senza rischiare l’inversa discriminazione e penalizzazione. In alcuni Paesi europei, come la Polonia, dove è stato recentemente vietato l’aborto, la tensione è salita moltissimo, generando contrapposizioni violente tra i giovani che difendono la libertà di poter scegliere di abortire nel proprio paese e di vivere le unioni LGBT e le loro madri che hanno lottato per i valori cristiani che hanno permesso alla Polonia di sopravvivere al Comunismo e di rinascere intorno alla figura di uno dei Papi dal secondo pontificato più lungo della storia, San Giovanni Paolo II, per la libertà che passi per la sacralità della vita. Se bisogna costruire ponti per il reciproco rispetto e conoscenza, l’Europa ha ancora molto da costruire, rimanendo fedele alla sua identità bimillenaria.

IL DIBATTITO

Intorno alla Legge Zan italiana si è formato un dibattito nato dalla preoccupazione che, sotto sotto, permette di mettere sullo stesso piano l’opinione con il pregiudizio e le scelte e i comportamenti sessuali degli adulti con le scelte sessuali del bambino; e soprattutto di aprire la strada al riconoscimento delle LGTB al diritto di avere una famiglia che sia in tutto uguale alla famiglia composta da un padre e una madre, che definiamo tradizionale ma che è quella da cui si nasce realmente, per cui siamo creati uomo e donna. Se è vero che fin da piccoli i bambini e le bambine vanno educati al rispetto degli altri, a non avere pregiudizi discriminatori, è ugualmente vero che non possono portare il peso di comprendere già in tenera età problemi legati alla sfera sessuale e di indirizzo, invece che alla sfera emotiva, e di avere diritto di vivere in un ambiente sereno, che garantisca le cure per una crescita armoniosa. Se chiedessimo a queste persone, che si battono tanto per questi diritti, se fossero nati grazie a un laboratorio, ad un utero in affitto, pensano che non avrebbero riportato nessuna conseguenza crescendo e scoprendo la verità vera? Una senatrice italiana dice di essere molto arrabbiata perché è dovuta andare a vivere in Germania per poter chiamare la sua compagna moglie, perché lì sono molto più avanti. Quindi lei può spostarsi in Paesi civili per seguire leggi più moderne in cui vivere e una famiglia di clandestini non può spostarsi in Paesi più civili dove gli è garantita la possibilità di vivere una vita senza guerre e violenze, miserie e solitudine. Anzi per essere proprio coerenti bisognerà spiegare ai bambini che gli adulti parlano di diritti e di doveri ma la verità non è detta fino in fondo: non è vero raccontare ai bambini che nascono sotto un cavolo ma bisognerà spiegare che, grazie ai soldini e alla scienza, sono nati da un pancino da un’altra parte del mondo, da una donna che lo ha affittato, di cui forse restano in ricordo il colore degli occhi o lo stesso sorriso. Quali sono i doveri dunque? Certo, ci dicono che la famiglia non è più quella di una volta, ma dobbiamo dire che le cambiamo continuamente, attraverso nomi nuovi, la sua stessa identità. Si è parlato di genitorialità, al posto di padre o madre, per le situazioni di famiglie allargate; si è provato a chiamarli genitori uno e genitore due per i problemi in caso di separazione e per ovviare al fatto che non sappiamo se sono due genitori maschietti o due genitori femminucce o in procinto di cambiare identità sessuale, uno dei due o tutti e due.

L’ETICA COME LENTE D’INGRANDIMENTO

Politica, fede e cultura sono oggi così strettamente intrecciate, da generare più che mai delle lobby di potere e di interessi economici. Sempre più indifferenti all’etica, quando a proposito di un tema si accenna all’etica, alla morale, la si dribla, educatamente o con energia, come estranea, obsoleta, fuori moda. Tra falsità e verità, tra credibilità e ipocrisia passa ormai talmente tanto poco che per poterci fidare di una persona, di una dichiarazione, di un racconto, vorremmo tanto vedere come prova se come a Pinocchio cresce il naso o le orecchie. Se un’opinione resta un’opinione, una verità non è soltanto un’opinione: per essere una verità autentica deve essere conducibile alla sua fonte, che non è la via di mezzo come per il Budda, ma la via della verità, quella non soggettiva ma trascendente, che appartiene alla sfera del credo cristiano, da cui decidiamo di allontanarci o di avvicinarci. In cui il “non uccidere” è la verità dove coincidono il diritto e il dovere di un’azione, che è responsabilità e rispetto dell’altro, come per sé stessi. Forse la domanda più urgente da porci è quale libertà vogliamo rincorrere? Senza Dio, senza doveri, senza etica, la verità diventa un labirinto mentale in cui se non ci portiamo come Teseo un gomitolo non troviamo più l’uscita. Invece di comunità autoportanti e auto sostenibili, dove è possibile la solidarietà e la condivisione, continuiamo a creare società e ideologie dove non ci sono più punti fermi di riferimento, dove la continua trasformazione serve a camuffare le motivazioni, a mascherare le certezze per fuggire dalla realtà nel consumismo e nei paradisi fiscali. Se non c’è un cambio di obiettivi, una reale preoccupazione educativa ed etica per i nostri bambini e giovani c’è il rischio di un collasso motivazionale, un annullamento di ciò che è lecito e illecito, tra rispetto e violenza, tra morte e vita, perché avremo dato ai nostri figli il benessere e una libertà senza freno; l’illusione che la vita sia un set cinematografico, l’ultimo video games acquistato. Non possiamo pensare di farla franca insegnando che Dio non esiste, e tutto ciò che abbiamo e facciamo è merito solo della nostra bravura. Ci stiamo ponendo contro Dio, contro la creazione, siamo responsabili e corresponsabili della distruzione non solo dell’ambiente ma anche delle emozioni, del sano vivere, perché il rischio è perdere l’anima. A cosa servono le leggi, le tutele da parte dello Stato e della Chiesa se non si lavora insieme per togliere la violenza dei femminicidi, donne abbandonate a sé stesse in una società che è contro la donna madre dei suoi figli, che cerca protezione e attenzione. Se non si lavora insieme perché i ragazzi non abbandonino la scuola per ritrovarsi emarginati, in brutti giri, figli delle dipendenze e delle mafie dello spaccio e degli omicidi. Giovani figli di una società costruita sul benessere effimero e consumistico che crea vuoti e malessere.

IN CONCLUSIONE

In breve, credo che la vera paura e incapacità sia quella di amare l’altra persona in un rapporto intimo che passi dall’anima al corpo all’altro diverso da me, dell’altro sesso. Paura per la donna di mettere al mondo un figlio ed amarlo, averne cura come parte di sé. Il pediatra Winnicott ci ha spiegato che da piccoli si forma il nostro vero sé o il nostro falso sé e ciò dipende dall’aver avuto una madre sufficientemente buona, che ci abbia aiutato a superare la fase del narcisismo e dell’egoismo, capite? Capace di essere buona, di compiere sacrifici per il suo cucciolo venuto al mondo per l’unione d’amore. Se questo manca dove vogliamo andare? Vedo tutto ciò che socialmente si vuole cambiare come un attacco alla maternità, alla donna, al suo coraggio di generare la vita come miracolo a cui prendiamo parte. All’ Auditorium della Conciliazione a Roma, il 14 maggio 2021, si sono tenuti i primi SGdN, gli Stati Generali della Natalità. Un evento organizzato per riflettere su un tema capace di unire tutto il Sistema Paese, per cercare proposte capaci di invertire il trend demografico. Ci stiamo dando la zappa sui piedi, nelle rivendicazioni di sempre maggiori libertà a discapito delle responsabilità e del rispetto della libertà altrui, dimentichiamo che i figli sono il futuro di una Nazione, di una comunità, di una famiglia. Di una famiglia che mette ai margini da un lato gli anziani, estrapolati in Case di Riposo (chiamiamoli dimenticatoi) dove non si vedono le loro malattie e la loro fragilità, e dall’altro i bambini, portati agli Asili Nido, dopo i primi mesi di attaccamento con la madre, perché se ne occupino altri, mentre i genitori sono occupati a lavorare sempre di più. Saranno le famiglie degli immigrati e dei lavoratori stranieri a creare nuove famiglie (come previsto da tempo) mentre le famiglie italiane, come quelle del resto d’Europa, per emanciparsi dall’identità cristiana e dalla famiglia avranno rinunciato a perseguire l’obiettivo di vivere una vita pienamente vissuta nell’orgoglio di una cultura profonda, nei valori, fondata non sul lavoro e le società ma sulle comunità e le loro realtà territoriali, fortificati dalla fede in Dio, che si è rivelato nella storia dell’umanità per renderci persone autentiche, giuste, nella cultura della pace, del rispetto e della corresponsabilità. Stiamo vivendo un vero “Inverno demografico”, “per il futuro del Paese. Il declino demografico, avviatosi dal 2015, è stato accentuato dagli effetti della pandemia Covid-19. Il nuovo record di poche nascite (404 mila, dati Istat 2020) e l’elevato numero di decessi (746 mila), mai sperimentati dal secondo dopoguerra, aggravano la dinamica naturale negativa che caratterizza il nostro Paese. In conclusione, ribadisco fortemente che le nostre scelte plasmano il nostro futuro, le nostre famiglie, e potremmo aver perso molto tempo a non interrogarci sulla costruzione della nostra esistenza attraverso ciò che nella nostra coscienza attende di essere scoperto in noi stessi, un tesoro prezioso che ci permette di divenire autenticamente ciò che siamo destinati ad essere: un’anima capace di ascoltare il grido d’aiuto del mondo e di capire le conseguenze positive o distruttive di ogni nostra azione e affermazione.

Maria Donatina De Rinaldis

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