Il Vangelo, portato da 2.000 anni fino a i confini della terra, ha avuto sempre lungo il suo cammino detrattori e denigratori. Il protagonista stesso, Gesù, divenne simbolo di contraddizione, nella sua epoca, del pensiero dei farisei e sacerdoti lontani da Dio, che non avevano più cura delle sue pecore ma del loro potere; cosicché il Figlio veniva a riscattarle, con il suo cuore, divino e umano, centro di una fede fraterna e solidale, spirituale e comunitaria, mostrando il cammino verso il regno eterno del Padre.
La mia generazione culturale, tra i Baby Boomers (1946-1964) e la Generazione X (1965-1980), si ritrova ad oggi nella Generazione Alpha ad aver attraversato gli eventi generazionali di ben tre pontificati: S. Giovanni Paolo II Magno (il secondo pontificato più lungo della storia, 27 anni) eletto nel 1978, Benedetto XVI (eletto nel 2005) ritiratosi perché debilitato nella vita pubblica dall’insonnia notturna nel 2013 e quello attuale di Francesco che scelse da subito, pur gesuita, il nome del santo d’Assisi. Ricordo che quando venne eletto papa Francesco, cardinale vissuto in Argentina, dichiarò che secondo lui sarebbe stato un pontificato breve; disse anche di portare con sé tra i libri da leggere “Il padrone del mondo”. Scritto nel 1907 da un anglicano Robert Hug Benson, poi convertitosi al cattolicesimo, in una società, quella inglese in cui stava montando la diffusione della Massoneria, attraverso un romanzo distopico cercò di lanciare alcuni indizi alla Chiesa del futuro. Mi meraviglia quanto veloce si dimentichi il lavoro compiuto dai diversi pontefici, come se venisse chiesto un allineamento generale, un reset e non il proseguimento di un percorso teologico che la Chiesa persegue, grazie a Dio da secoli, attraverso non solo le strutture gerarchiche ma attraverso l’opera missionaria, di diffusione nelle popolazioni del mondo del carisma della fede cristiana. Così abbiamo dimenticato la potenza delle GmG mondiali che Papa Woytjla, riuniva ogni quattro anni, affinché i giovani potessero ritrovarsi insieme a pregare, cantare, adorare, confessarsi e ascoltare il messaggio sempre nuovo di Cristo, cosicché le nostre chiese si sono svuotate dei giovani e non si canta più. Mi domando quanti sacerdoti e suore sono stati raggiunti dalla richiesta di una Chiesa in uscita, così voluta da papa Francesco, ricordandosi però che questa chiesa in uscita doveva servire per riportare le popolazioni all’ovile del Pastore che è Cristo. Così come i gruppi di ascolto riguardo alle coppie di separati o divorziati che chiedevano la possibilità di accostarsi all’ Eucaristia che non hanno avuto risposta, o le mogli di uomini violenti, spesso uccise, contro cui la Chiesa non ha preso alcuna posizione o intervento.
Persone come Chiara Amirante con Nuovi Orizzonti o Madre Elvira con la Comunità Cenacolo che hanno di fatto reso un servizio continuo al recupero e alla nuova vita di persone disagiate e perse in una società del benessere e del malessere che crea sempre più emarginati, vittime di disagi mentali, donne che scappano dagli abusi, giovani recuperati dalla tossicodipendenza, attivando servizi e strutture dove Cristo diventa il riferimento e punto di partenza per un nuovo cammino, una nuova consapevolezza della vita; modelli che andrebbero clonati in ogni Comune. Persone come lo scomparso fratel Biagio Conte, che con i suoi piedi ha percorso le strade d’Europa e costruito nella sua drammatica Palermo la “Missione di Speranza e Carità”, una comunità di spiritualità e attività al servizio degli ultimi, dove il sacerdote, il frate diventa colui che ascolta, colui che si prodiga, colui che si sacrifica. Ma chi ne parla? Chi ne segue l’esempio? E non si tratta di essere santi ma testimoni di una fede che capace di difendere la verità, la dignità e il rispetto.
Dov’è siamo dunque in errore? Dobbiamo partire dal Vangelo, in cui Gesù dice: “Dio ha infatti tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque creda in lui non vada perduto ma abbia la vita eterna… la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte da Dio” (Gv 3,14-21). Dobbiamo chiederci urgentemente, personalmente e collettivamente: a che punto è la mia conversione, la mia conoscenza di Cristo e del suo messaggio? Conversione che fa rinascere l’uomo nuovo e la donna nuova nello Spirito della conoscenza della verità, per non farsi uniformare, ingannare e zittire dal pensiero subdolo del mondo, scegliendo il tesoro più grande: l’unione spirituale con Cristo attraverso il perdono e l’Eucaristia. Ma cercando Cristo nell’altro, nella protezione dell’altro, di cui condivido le esperienze e le corresponsabilità nel bene o nel male.
Maria Donatina De Rinaldis, responsabile gruppo L’Incontro, Fede e Cultura.