Una delle forme d’arte più complesse è senza dubbio la scultura. Non si tratta di affermarla superiore ad altre discipline, quanto di comprenderne la portata etica e semantica anche in riferimento alla complessa radice etimologica. Infatti “scolpire”, in latino, voleva dire “raffigurare modellando o scavando”. In pratica, si tratta di produrre una forma attraverso un processo materiale che proviene da precisi input mentali, quintessenza del creare. In arte la scultura, pur seguendo le regole del disegno, si distingue da questo perché, attraverso la sua materialità, riesce a rappresentare il figurato in maniera ancora più immediata, tangibile, constatabile. Eticamente, lo scultore abbatte dei filtri tra immaginato e raffigurato come nessun altro artista riesce a fare, perché la scultura, in quanto tangibile, si presta a una sensibilità ancora più pratica e praticabile. Eppure, in società quanto in politica, si pianifica attraverso il paradigma del disegnare. Infatti, si disegnano o, in maniera ancora più umile, si tracciano linee di sviluppo, programmi, ecc. E, a dire il vero, anche la cultura, in una specie di finto-morale autocensura, disegna progetti, programmi e pianificazioni. Questo è dovuto probabilmente anche a una sorta di riverenza teologica, in effetti il primo scultore della storia è il Dio del Vecchio Testamento che con la terracotta plasmò l’uomo a sua immagine e somiglianza. Ma riusciamo a immaginare cosa saremmo se Dio ci avesse solo disegnati? Saremmo esseri ancora più piatti e monodimensionali di quanto già siamo adesso. Da questo paradossale esempio dovremmo trarne un profondo insegnamento che, in un mondo sempre più tridimensionale o, addirittura, polidimensionale, ci dovremmo convincere che, rompendo ogni indugio, dobbiamo scolpire, ovvero realizzare in forma compiuta i programmi derivanti dal nostro impegno. Da qui una figura nuova d’intellettuale, di cittadino, di politico, di cui abbiamo bisogno per le sfide del futuro. Si avverte la forte necessità di avere modelli concreti e non solo tracce, su cui operare una vera ripresa sia economica che sociale. È ormai anacronistico rimanere appiattiti, con soluzioni a matita su un foglio bianco a immaginare cosa potrebbe essere, tessendo le proprie lodi. È tempo di realizzare, di scolpire modelli idonei a tirarci fuori da queste paludi contemporanee, su cui si potrà intervenire solo con una “bonifica” culturale.
Milena Cicatiello
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