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PAESTUM DA SOLA AVREBBE VINTO. L’UNIONE È UN ENTE BUROCRATICO, UN “NON LUOGO”.

L’Unione dei Comuni Paestum-Alto Cilento non ce l’ha fatta.

Sarà Pesaro la Capitale Italiana della Cultura 2024. La designazione ufficiale è arrivata pochi minuti fa da Roma, dove il ministro Dario Franceschini ha ufficializzato il nome della vincitrice, prescelta all’unanimità dall’apposita Commissione, presieduta da Silvia Calandrelli, dopo le audizioni delle 10 candidature finaliste tenutesi il 4 marzo scorso. Le altre finaliste erano Chioggia, Grosseto, Mesagne, Sestri Levante con il Tigullio, Siracusa, Viareggio e Vicenza.

UNA SCONFITTA ANNUNCIATA

L’Unione dei Comuni Paestum-Alto Cilento, quindi, non ce l’ha fatta. E non poteva essere diversamente. Il progetto, seppur ben impiantato sul piano dei requisiti tecnici dalla valente dottoressa Paola Mangone, aveva in sé un peccato originale. L’Unione dei Comuni Paestum-Alto Cilento non è una città. E nemmeno un territorio, visto che trattasi di Comuni in alcuni casi non contigui e che geograficamente e culturalmente non hanno alcun legame. Di fatto, l’Unione è un “non luogo”, semplicemente un Ente burocratico creato per risparmiare (dovrebbe essere così ma non lo è) sui servizi ai cittadini attraverso politiche di spesa collettiva. Allora viene da chiedersi: “Poteva mai un ente burocratico diventare Capitale Italiana della Cultura?”. No, come infatti è stato. Si è riusciti ad arrivare tra le 10 finaliste, sulle 25 domande pervenute, proprio esclusivamente perché c’era Paestum. Una realtà che da sola, senza associazioni, avrebbe per storia e patrimonio culturale, giocando sulla partnership UNESCO, ottenuto senza difficoltà il titolo di Capitale Italia della Cultura 2024.

L’UNIONE DEI COMUNI NON PORTA ALCUN VANTAGGIO

Più volte abbiamo posto l’attenzione su questo argomento. Questo Ente, di cui Capaccio Paestum fa parte da quando si è insediato il Sindaco Franco Alfieri, oltre a non poter essere per logica un brand di marketing territoriale, sta causando solo costi a Capaccio Paestum, spese ulteriori che gravano sulle già martoriate casse comunali, nonché condivisione di risorse a totale svantaggio di un Comune grande come il nostro. Più volte, si è posto l’accento su delibere e determine comunali di trasferimento di soldi e risorse all’Unione, a testimonianza di una politica che pensavamo fosse superata da almeno un decennio. Invece, oggi, ci troviamo parte di un’aggregazione feudale costituita con il solo intento di consolidare un fortino elettorale di consenso finalizzato all’ottenimento di un seggio parlamentare.

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