Il Tar Salerno respinge il ricorso di Legambiente avverso ad aspetti procedurali e dà il via libera al progetto. L’intervento, del valore di 70 milioni di euro, prevede l’artificializzazione molto spinta di 37 km di litorale da Pontecagnano fino ad Agropoli con 1,2 milioni di tonnellate di massi, tra pennelli e barriere. L’inutilità delle opere già dimostrata in altri contesti costieri.
Il Tar di Salerno respinge il ricorso di Legambiente Campania contro il maxi intervento di difesa e ripascimento del litorale del Golfo di Salerno nei comuni di Pontecagnano, Battipaglia, Eboli, Capaccio Paestum ed Agropoli. I giudici della prima Sezione (presidente Francesco Riccio, referendari Eleonora Monica e Lica Iera) hanno ritenuto infondato, compensando le spese di giudizio, l’intero gravame sollevato dall’associazione ambientalista a sostegno della propria richiesta di annullamento del decreto dirigenziale n. 532/2014 della Regione Campania – Dipartimento della salute e delle risorse naturali, Direzione generale per l’ambiente e l’ecosistema – con il quale è stato espresso parere favorevole al progetto (con prescrizioni di Valutazione di Impatto Ambientale, integrata con la Valutazione d’Incidenza), nonché delle determinazioni dirigenziali n. 77/2012 e n. 95/2014 con cui la Provincia di Salerno ha approvato il progetto preliminare e definitivo dell’opera. Tra i vari enti coinvolti nel progetto e chiamati in causa dalla ricorrente, si sono costituiti in giudizio Regione Campania, Provincia di Salerno, Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed i Comuni di Pontecagnano Faiano, Eboli e Battipaglia, i cui legali hanno presentato corpose memorie difensive. Nello specifico, Legambiente Campania aveva sollevato eccezioni su procedura VAS, conferenze di servizi, varianti urbanistiche, pareri di conformità rilasciati dai comuni e pareri degli Enti Riserve.
COSA PREVEDE L’INTERVENTO DI DIFESA/OFFESA
Il grande progetto complessivo prevede la realizzazione di 42 pennelli a ‘T’, 3 pennelli semplici e 4 sistemi di protezione a celle costituite da strutture combinate pennelli/barriere soffolte, per un impiego complessivo di circa 1.200.000 tonnellate di massi calcarei. Queste strutture di tipo rigido, poste a poca distanza le une dalle altre, dovrebbero contrastare l’erosione costiera proteggendo i sedimenti sabbiosi. Ma quanto lascia più perplessi è che nel suo insieme questa opera trascuri un approccio sistemico, prevedendo in maniera indistinta l’artificializzazione di 37 chilometri di litorale. Le attuali politiche di gestione delle aree costiere europee e di altre regioni italiane sconsigliano l’utilizzo di simili strutture di protezione di tipo rigido sia per il loro rilevante impatto ambientale, sia per la inefficacia dimostrata laddove sono stati realizzati in passato (litorale romagnolo, Chieti e Pescara, Paola ecc.), oltre che per gli elevati costi di manutenzione.
OPERE INUTILI E DANNOSE
Quanto lascia più perplessi è che nel suo insieme questo progetto trascura un approccio sistemico per risolvere il problema dell’erosione costiera agendo sulle cause (riduzione della portata solida dei fiumi, antropizzazione della fascia dunale, scomparsa delle dune costiere) nonostante un impiego di spesa pari a 70 milioni di euro, prevedendo in maniera indistinta l’artificializzazione di 37 chilometri di litorale. Le attuali politiche di gestione delle aree costiere europee e di altre regioni italiane sconsigliano l’utilizzo di simili strutture di protezione di tipo rigido sia per il loro rilevante impatto ambientale, sia per la inefficacia dimostrata laddove sono stati realizzati in passato oltre che per gli elevati costi di manutenzione. Inoltre il Grande progetto disattende gli indirizzi europei in materia di salvaguardia degli ambienti naturali e di tutela dell’esistente (direttiva Habitat).
A cura di Carmine Caramante
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