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VOTI O CANDIDATURE IN CAMBIO DI LAVORO O VANTAGGI ECONOMICI

VOTI O CANDIDATURE IN CAMBIO DI LAVORO O VANTAGGI ECONOMICI – Il reato è di “corruzione elettorale”. Si rischia il carcere da 6 mesi a 3 anni sia per chi propone che per chi accetta.

“È il voto libero che decide, andate a votare”. Questo il monito e l’esortazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno. Ma, il voto, in Italia e, in particolare nei contesti medio piccoli del Mezzogiorno, è realmente libero? A questa domanda è facile rispondere, perché troppi sono stati gli avvenimenti e gli esempi negativi che ormai dilagano e che producono una situazione di deficit democratico che attanaglia qualsiasi realtà. Il voto, diciamolo in modo chiaro e senza peli sulla lingua, è ormai fortemente condizionato da clientelismi, cooptazione e, purtroppo in vari casi, coercizione. L’elettore ha perso la sua costituzionale libertà di espressione e subisce pressioni costanti ogni qualvolta è chiamato alle consultazioni elettorali, principalmente alle elezioni comunali laddove il rapporto tra il potere amministrativo e l’elettore è diretto e sottoposto ad un più semplice controllo.

LA LEGGE PARLA CHIARO

Non vi è bisogno alcuno di scomodare l’art. 416 ter del Codice Penale ovvero il reato di voto di scambio politico mafioso. Affrontiamo la questione sul piano più semplice, fotografando situazioni e comportamenti che normalmente avvengono o possono avvenire. Il D.P.R. 16-5-1960 n. 570 all’art. 86 recita “Chiunque, per ottenere, a proprio od altrui vantaggio, la firma per una dichiarazione di presentazione di candidatura, il voto elettorale o l’astensione, dà, offre o promette qualunque utilità ad uno o più elettori, o, per accordo con essi, ad altre persone, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La stessa pena si applica all’elettore che, per dare o negare la firma o il voto, ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilità”.

Ne consegue in modo chiaro che:

  • Promettere un posto di lavoro in cambio di voti è reato di corruzione elettorale;
  • Promettere un posto di lavoro in cambio di una candidatura in una lista alle elezioni è reato di corruzione elettorale;
  • Aver dato un posto di lavoro o altri vantaggi in un periodo precedente e andare poi a chiedere/imporre voti o la candidatura in liste elettorali è reato di corruzione elettorale.

UN CASO TRA I TANTI 

La terza sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 39064/2017, ha ribadito che il reato di corruzione elettorale, ossia voto di scambio, si realizza anche se non vi è mai stata l’esecuzione dell’accordo.

La vicenda

Una persona, in concorso con una candidata alle elezioni comunali ed al fratello, aveva assicurato il sostegno elettorale di tre suoi familiari votanti nel centro cittadino ove si svolgevano le elezioni. Due anni dopo, l’imputato era stato assunto in una agenzia di sicurezza a tempo determinato e per soli 3 mesi. Da sottolineare che l’imputato non era neanche residente nel comune oggetto di consultazione elettorale e quindi non votante in quel centro, sicché aveva assicurato alla candidata il voto di terze persone. La Cassazione, confermando la sentenza di condanna della Corte di Appello di Napoli, ha precisato che la corruzione elettorale è un reato di pericolo astratto e che non è necessario, per la sua realizzazione, lo scambio dei beni o delle prestazioni ma è sufficiente solo la promessa o l’accordo tra le due parti (elettore e candidato). La Suprema Corte ha sottolineato come il reato in questione sia plurioffensivo perché presidia innanzitutto all’interesse dello Stato a libere e corrette elezioni, ma tutela anche il diritto politico di ogni elettore alla libera espressione e determinazione del proprio voto.

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