CARO COVID, TI SCRIVO.
Sì perché è da dicembre del 2019 che sei tra noi, quando stavamo festeggiando allegramente la fine di un altro anno, ignari di cosa ci avrebbe portato l’anno nuovo, ignari del fatto che tutto sarebbe cambiato. Sempre pieni di speranza e di fiducia per un nuovo anno, un anno di sorprese, di gioie, di soddisfazioni, un nuovo anno da vivere. Invece sei entrato tu nelle nostre vite, nelle nostre case, nelle nostre teste e ci hai letteralmente stravolto l’esistenza. Chi di noi non ha vissuto momenti di paura, di preoccupazione, anche di angoscia. Chi di noi non ha cambiato le proprie abitudini tanto da rendersi sempre più conto di quanto ricchi eravamo prima. Tutti noi, chi più e chi meno, siamo stati travolti da questo turbinio di emozioni, davanti alla tv a seguire le notizie, a piangere le vittime, increduli di fronte a scenari apocalittici. È stata dura per tutti, ovviamente, ma provate a pensare a cosa possa aver significato tutto questo per un malato oncologico. Improvvisamente si poteva morire solo di Covid, improvvisamente si è spenta la speranza per i malati di tumore di poter accedere alle cure, ai controlli, alle visite, alla sopravvivenza. Non è stato facile vivere l’esperienza di una diagnosi di tumore in un momento storico devastante. Oltre alla mancanza di procedure fondamentali per un decorso più favorevole delle patologie, l’aspetto più logorante è stato quello psicologico. In una fase della vita dove più di ogni altro momento si ha bisogno di evadere, distrarsi, vedere i propri cari, gli amici, non stare soli, ci si è ritrovati, invece, costretti in casa propria, senza il calore di un abbraccio, di un bacio, di una carezza. Non è stato facile affrontare interventi in ospedale, risvegliarsi e ritrovarsi senza un viso familiare al fianco, senza poter condividere lo sconforto, la paura e il dolore. Piano piano stiamo tornando ad una normalità accettabile, una normalità diversa, ma comunque una tanto agognata normalità. Non è un caso che ad oggi contiamo tante vittime, persone che non hanno potuto fare prevenzione, persone che si sono ritrovate in una condizione troppo compromessa, persone che non hanno avuto accesso alle cure tempestivamente e che, purtroppo, ci hanno lasciato. A loro, più di tutti, dobbiamo il nostro rispetto e la nostra determinazione a lottare. A loro dobbiamo la consapevolezza che nulla è scontato e che la salute deve essere il perno principale per la vita. Caro Covid, dopo due anni e mezzo sei ancora tra noi, lo sappiamo, ma fortunatamente siamo diventati più forti e speriamo che tu non ci faccia più tanta paura.
Antonella Lamberti