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Il salto della quaglia

CIAO NICOLETTA.

Ciao Nicoletta, che mi hai insegnato che la generosità e l’umanità non hanno geografia.

Solitamente uso questo spazio per ironizzare, in tono polemico, vero, ma senza mai perdere di vista l’obiettivo di divertire e divertirmi e, se qualche volta ci riesco, di aprire un piccolo spiraglio di riflessione. Ci sono momenti, però, in cui la rabbia e il dolore sono troppo consistenti e la risata deve cedere il passo alla compostezza che determinati sentimenti impongono, soprattutto alla serietà che determinate situazioni richiedono. Questo succede quando perdiamo delle persone a noi care, a maggior ragione se in quella scomparsa intravediamo un’ingiustizia che ci lascia sgomenti e delusi, un torto di cui, per motivi di appartenenza, ci sentiamo quasi responsabili e in dovere di scusarci, anche se chiedere perdono, in questi casi, serve a poco. Nicoletta aveva compiuto quarant’anni da pochi mesi, veniva dalla Romania, ma girava per la Laura con il suo fare gioioso e pacato come se qui ci fosse nata. Lavoro e risate, risate e lavoro, in due parole si racchiudeva tutta la sua essenza che è stata in grado di accorciare le mie distanze culturali e di insegnare, a uno come me, che la gentilezza e l’educazione non hanno confini geografici. Potrei stare ore a raccontarne la bellezza e la generosità e rubare pagine per affidare alle parole scritte i tanti momenti insieme, lei, il marito Marius e la mia famiglia, ma preferisco esserne avido e conservare tutto a memoria, che è l’unica custodia a contare davvero. Quello che però non riesco a trattenere per me è il livore per il modo in cui questo Mondo l’ha lasciata andare altrove, nella disumanità becera di sanitari che dovrebbero stringere l’anima delle persone a qualunque costo per non farla scappare via, e invece a volte se ne fregano, come se la vita contasse meno di zero e il camice indossato fosse un cencio girato a rovescio. Fa rabbia pensare che una donna che sta per morire arrivi all’ospedale (definizione linguistica, ma non concettuale) e venga mandata a casa, senza che nessuno si prenda la briga di comprendere e di provare a fare qualcosa. Così come fa specie che nessuno all’ospedale si interessi di comunicare la dipartita di una moglie al proprio marito, ignaro e illuso fino al giorno dopo. I medici scarseggiano, dicono. A me, invece, sembra che a mancare, in alcuni casi, sia l’essere umano. Eppure c’è una cosa che l’esempio di Nicoletta mi ha insegnato: a non generalizzare. E i tempi presenti me lo hanno confermato. Ecco perché so che c’è una Nicoletta in ogni Persona, in ogni Medico che si rispetti. Negli altri, invece, non c’è né un nome né una dignità. Verrebbe da chiederti, cara Nicoletta, di perdonarli. Ma a chi non ha coscienza a cosa servirebbe? A niente, proprio a niente. Perciò ti dico soltanto grazie. E ti mando un abbraccio, ovunque tu sia.

Pasquale Quaglia

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