L’espressione povertà oggi gode di un’ampia diffusione. La guerra tra Russia ed Ucraina, la crisi energetica, gli aumenti sconsiderati di gas e luce, in aggiunta alla già esistente crisi economica, la disoccupazione, la precarizzazione delle situazioni di lavoro e la contrazione dei consumi, hanno esposto, infatti, sempre più individui ad una condizione di vulnerabilità e povertà. A rendere reale questa affermazione le parole della gente che sempre meno riesce a mascherare un animo indignato. Insomma la crisi della società salariale moderna, l’indebolimento delle regolazioni collettive e delle forme di protezione assicurate dalle politiche sociali, nonché la crisi dei legami sociali e familiari, hanno finito per moltiplicare la vulnerabilità, allargando le fasce sociali soggette a rischio ed accrescendo l’ansia nei confronti del futuro. In particolare, appare come si sia dilatata la zona di vulnerabilità fino a debordare anche su quella dell’integrazione, coinvolgendo persone che fino ad un determinato momento erano inserite all’interno di una stabile vita sociale e professionale, e che oggi si trovano invece a confrontarsi con situazioni di precarietà e disoccupazione, facendo registrare un fallimento che non è più una prospettiva normale solo per i poverissimi o per le persone afflitte da problemi, ma è diventato un evento familiare anche nelle vite della classe media. Le esigenze di competitività e concorrenza e la riduzione delle possibilità di impiego che caratterizzano lo scenario sociale contemporaneo tendono, infatti, ad invalidare molte persone che dalla congiuntura, sono condannate ad una precarietà permanente e a una insicurezza perpetua in assenza di un mercato del lavoro organizzato. L’esclusione sociale rischia quindi di diventare un processo che non coinvolge più solamente coloro che si collocano ai livelli più bassi della stratificazione sociale, ma anche persone che erano state fino a questo momento inserite nel circuito del lavoro e del consumo e che si trovano ora privi di supporti, di appartenenza e di legami sociali. Ciò che era impossibile un tempo oggi può verificarsi con qualche probabilità: si può essere poveri pur con la casa ed il lavoro. Per studiare la povertà oggi occorre assumere perciò un approccio di analisi nuovo, capace di comprendere come, accanto alla tradizionale forma di povertà, si assista ora ad una crescente differenziazione della povertà stessa, condizione che spesso si manifesta con un processo di mobilità sociale discendente rispetto ad una posizione socio-economica precedente. I nuovi poveri non si configurano più come una classe sociale omogenea e riconosciuta, bensì come una massa dai contorni indefiniti, frammentata ed invisibile, che non dispone di una propria autorappresentazione e di una propria cultura. La comparsa di approcci maggiormente attenti alla eterogeneità e alla variabilità interna della condizione di povertà ha fatto emergere che il principale difetto della concezione alla base del sistema di Welfare è stato, ed è, quello di farne una questione macro, rimuovendo ogni considerazione relazionale, in particolare il ruolo della famiglia e delle reti di solidarietà. L’augurio è che le politiche del nuovo Governo possano essere in grado di ribaltare queste concezioni.
Luigi Bernabò