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DIRITTI UMANI, IL VOLTO OSCURO DELLA DEMOCRAZIA

L’élite indiana globalista tenta di convincerci che l’attuale premier, Narendra Modi, tradisce la natura del suo Paese, facendo appello alla parte più ignorante della popolazione. Sarebbe una brutta parentesi, la conseguenza di un contagio mondiale dei nazionalismi xenofobi. Ci rassicurano: l’India “vera” è un’altra cosa, è multiculturale, multietnica, multilinguistica. Dall’Indipendenza ha sempre rifiutato di adottare una sola cultura e un solo credo religioso. Ha sempre mantenuto separati Stato e sacre scritture, in accordo con la visione di Gandhi. È la visione laica che tocca i tasti giusti per piacerci: l’India come ponte ideale tra Oriente e Occidente. Poi bisogna fare i conti con la realtà. Il regolamento di conti che è in atto tra l’India di Modi, la sua minoranza musulmana, e gli islamismi che circondano il Paese (il regime pachistano, i talebani afgani). Il fondamentalismo, l’intolleranza. Le limitazioni alla libertà di stampa. E non solo. Appena Modi è salito al potere, ha fatto modificare il metodo di calcolo del PIL, permettendo di gonfiare artificialmente i dati di crescita. Il tasso di disoccupazione è così alto che il Ministero del Lavoro non fornisce più statistiche. I settori bancario e ferroviario hanno iniziato ad essere privatizzati. I bilanci già molto bassi per la sanità e l’istruzione (rispettivamente 1,2% e 0,6% del PIL) sono stati tagliati, così come altre spese sociali: sussidi all’occupazione, stanziamenti per le mense scolastiche, piani per l’accesso all’acqua potabile. Per quanto riguarda il diritto del lavoro, le modifiche approvate nel 2018 limitano ulteriormente le attività sindacali e tenderebbero ad agevolare i licenziamenti e ad estendere l’orario di lavoro settimanale dei dipendenti. Bisogna fare i conti con le centrali a carbone, la nube di smog sopra New Delhi. Un attacco dritto al cuore dell’Induismo, che poggia sul rispetto di tutte le specie naturali e alla sua rivalutazione come religione dell’ambientalismo. L’India è passata dal 140º al 177º posto tra il 2016 e il 2018 nell’Environmental Performance Index compilato dai ricercatori delle Università di Yale e Columbia. In particolare, lo studio evidenzia il “preoccupante deterioramento della qualità dell’aria”. La mente corre immediatamente alla “dittatura democratica” di Putin. Dal 1999, anno della sua ascesa, Putin ha messo la stampa sotto controllo, ha eliminato tutti gli avversari politici e ha fatto approvare leggi che gli permettono di manovrare qualsiasi risultato elettorale. Per ovvie ragioni, doppiamente vittime di tragedie umanitarie sono le popolazioni cecene, che, dopo ben due secoli di guerre per l’indipendenza, repressioni, accuse infondate, deportazioni, si sono arrese al controllo “indiretto” della Russia. Attualmente il capo della Repubblica della Cecenia è Ramzan Kadyrov. Il suo governo di fatto è una dittatura: in Cecenia non sono garantiti i più elementari diritti civili. L’omosessualità è ancora un reato. Kadyrov, inoltre, è stato accusato di aver compiuto per mezzo del suo esercito privato assassinii, stupri, rapimenti e atti di tortura.

 

 

Ma il divario tra l’ideale e la realtà perseguita ogni civiltà e il problema dei diritti umani, oramai, ci riguarda sempre più da vicino, mettendo a dura prova le nostre stesse istituzioni democratiche. I decreti sicurezza (“decreti Salvini”), entrati in vigore tra il 2018 e il 2019, hanno violato diverse norme costituzionali e hanno legittimato il leader della Lega ad abusare delle funzioni amministrative allora attribuitegli. Il primo motivo di incostituzionalità è senz’altro legato alle modalità di approvazione: l’ennesimo utilizzo di un provvedimento avente carattere emergenziale, come il decreto legge, per far fronte a un fenomeno avente carattere strutturale, come l’immigrazione, contraddice l’art. 77 della Costituzione, che limita l’utilizzabilità di tale strumento normativo ai “casi straordinari di necessità e d’urgenza”. Difetta, dunque, la straordinarietà della situazione: è dal 1973 che il saldo tra immigrazione ed emigrazione in Italia è a favore della prima ed è almeno dall’inizio degli anni Novanta che l’afflusso di migranti si è stabilmente consolidato come un dato di ordinaria realtà. Così come risulta evidente la violazione dell’art. 13 della Costituzione, che non consente restrizioni della libertà personale se non “per atto motivato della sola autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Vi sono, poi, le altre disposizioni dei due decreti che attentano più intensamente alla tutela della persona: gli artt. 2, 10 e 24 della Costituzione. Perché si tratta di disposizioni che limitano l’accoglienza, precarizzano la condizione degli stranieri, a discapito della loro sicurezza e degli stessi cittadini italiani. In assenza di una sinistra che sappia arginare questa ventata razzista e antidemocratica, il nazionalismo e il populismo continueranno a fare presa. Preoccupa abbastanza che non si sia fatto ancora nulla di concreto per abrogare i decreti (sono state fatte solo modifiche parziali) pur avendo a disposizione tutti gli strumenti per poterlo fare. Di mezzo ci sono, come sempre, la credibilità e l’identità culturale della nostra democrazia.

Milena Cicatiello

 

A chi esita

Dici:

per noi va male.

Il buio cresce.

Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.

E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze.

Ha preso una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può più mentire.
Siamo sempre di meno.

Le nostre parole d’ordine

sono confuse.

Una parte delle nostre parole
le ha travolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto?

Su chi
contiamo ancora?

Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?

O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi.

Non aspettarti nessuna risposta.

Oltre la tua.

(Bertolt Brecht)

 

 

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