DONNE CHE CAMBIANO LO SGUARDO SUL MONDO. DALLA CITTÀ DI HERA.
Intervista alla scrittrice Giulia Caminito, vincitrice del Premio Campiello e del Premio Strega Off (edizioni 2021) con l’opera seconda “L’acqua del lago non è mai dolce”.
C’è un motivo per cui la cultura, anche quella che apparentemente non avrebbe nulla a che fare con istanze locali, risulta invece perfettamente in assioma con Capaccio Paestum? Una risposta affermativa in tal senso ci perviene dalla storia, dalla tradizione culturale che ha visto il passaggio dei più grandi intellettuali europei durante gli anni d’oro del Grand Tour. Ma non basta volgere lo sguardo al passato per fare nostro questo sentire. È il presente la dimensione in cui i luoghi dell’anima recuperano la propria sacralità e la propria funzione di predestinazione culturale, come è accaduto durante la presentazione dei finalisti del Premio Strega, dove siamo stati noi capaccesi del 2021 gli spettatori di una cerimonia che, a tratti, sembrava evocare antiche funzioni religiose, all’interno dell’area archeologica di Paestum. In prossimità dell’antica ara del Tempio di Poseidone, spuntava lentamente fuori la figura di questa giovane scrittrice come quella di una sacerdotessa, pronta a celebrare il suo rito, favorita senza dubbio dal tramonto pestano, che sembrava accendere e suggellare “col fuoco” le sue parole, sottolineandone l’impatto emotivo. Ed è proprio qui che la Caminito ha provato delle emozioni uniche perché, oltre ad apprezzare la presenza scenografica dei Templi, ne ha avvertito anche la dimensione di profonda spiritualità pagana, terrena, che è la vera forza propulsiva di una Paestum che reclama il suo naturale ruolo di capitale culturale. Questa cornice ideale, che è la città di Hera, è anche un’immersione totale nella ricerca di una matriarcalità ancestrale, che rappresenta lo spunto più verosimile per la ridefinizione delle relazioni di genere.
A chi dedichi la vittoria del premio Campiello e perché?
“Ho dedicato il Premio alle donne che amano leggere, scrivere, studiare e che possano farlo in ogni momento, in qualsiasi luogo del mondo, appena lo desiderino”.
Nei tuoi romanzi spicca una particolare attenzione per l’universo femminile, la sua crisi d’identità e le sue contraddizioni. Quali sono le tensioni delle donne nella società contemporanea?
“Posso dire come sono le donne che ho provato a raccontare nei miei libri. Figure ingombranti e coraggiose, testarde e sofferenti, amichevoli e spregiudicate, violente e sognatrici. Le donne sono tante cose, difficili da descrivere in poche righe. Di certo, quando ne parlo mi interessa raccontare il loro rapporto con i ruoli famigliari e sociali, la loro disposizione al lavoro e allo studio, la loro posizione di madri e di figlie, come sanno reinventarsi di epoca in epoca”.
Nel 2022 ricorre il 150esimo anniversario dalla nascita di Grazia Deledda, una penna decadente e nel contempo socialmente impegnata cui la produzione letteraria italiana e mondiale deve ancora molto. In che modo ha inciso (se ha inciso) la sua scrittura sulla tua formazione?
“Ho amato molto Grazia Deledda, credo che la sua forza stia nella scrittura che ancora oggi, a rileggerla, è appuntita, determinata, non ha una patina di vecchiaia addosso. Ha raccontato le storie che più amo leggere delle campagne, delle famiglie fuori dai borghi, di parti d’Italia come la Sardegna di cui si parla meno in letteratura, rendendole vive e palpabili. È una delle nostre grandi scrittrici. Quando penso a lei, però penso anche a Matilde Serao, altra scrittrice che amo, che sperava di ricevere il Nobel quando lo ricevette la Deledda. Morì l’anno dopo, nel ’27, senza Nobel e con la penna in mano: stava ancora scrivendo”.
Milena Cicatiello