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ECONOMIA DI GUERRA IN ITALIA?

A cosa andiamo incontro? Quanto può aumentare il costo della vita? Come e fino a che punto la guerra tra Russia e Ucraina inciderà economicamente sulle nostre vite? Quanto le sanzioni, pesantissime, imposte a Mosca, si rifletteranno sul nostro portafogli e sul bilancio di famiglie e imprese? Dunque, sarà economia di guerra o no? Difficile ancora prevederlo, ma cosa significa esattamente “economia di guerra” e quali conseguenze ha? L’economia di guerra è una misura politica che viene adottata dai Governi al fine di adeguare il proprio sistema economico alle esigenze che derivano dalla partecipazione del Paese ad un evento bellico. In un’economia di guerra le risorse vengono rese disponibili per gli armamenti, il mantenimento e la mobilitazione degli operatori e per organizzare la produzione a sostegno della guerra. Le fonti di finanziamento restano le tasse dei cittadini, il debito pubblico, le donazioni e l’amore. Quest’ultima conferisce agli Stati un potere d’acquisto immediato, che però causa notevoli problemi sul mercato monetario. Una guerra finisce sempre, oltre che con imponenti perdite umane e distruzioni materiali, con un elevato debito pubblico e con un’inflazione che si fatica a riportare sotto controllo. L’economia attraversa una fase di forte pianificazione. In sintesi, nell’economia di guerra, si crea spazio a produzioni belliche e se ne toglie a quelle civili. E si comincia a ragionare sul razionamento dei beni che è proprio uno dei fenomeni più comuni in situazioni del genere. Il Governo deve infatti garantire un adeguato livello di rifornimento di materiale bellico anche tramite l’adeguamento delle attività di produzione dell’industria pesante, che aumenta in maniera considerevole. Ciò, ovviamente, ha effetti importanti anche nella vita di tutta la popolazione. In un’economia di guerra, se il governo è impegnato a rendere adeguato il rifornimento di materiale bellico, contemporaneamente ha l’obbligo di garantire la produzione di beni di consumo per garantire l’approvvigionamento della popolazione. Le due cose, tuttavia, vanno spesso in contrasto. La produzione dei beni primari infatti sarà ridotta rispetto a quanto accade in un periodo normale e allo stesso tempo sarà difficile reperire la manodopera, sempre più scarsa, tanto che il reddito delle famiglie sarà maggiore, ma non potrà essere utilizzato. Da qui la necessità di un razionamento dei beni. La capacità d’acquisto delle famiglie dovrà confluire verso l’acquisto di diversi beni primari. Allo stesso tempo, tuttavia, sarà necessario adottare le misure di contrasto all’eccesso di domanda e utili a diminuire la circolazione della moneta. Una di queste può essere l’emissione di titoli di Stato, che potrebbe però causare problemi al termine dell’evento bellico. In casi molto particolari può accadere che i soggetti si identifichino tanto nel proprio Paese da utilizzare i fondi come donazioni per vincere la guerra. Per ora non è ancora vera e propria economia di guerra, comunque gli effetti del conflitto già si sentono e quindi il Governo sta cercando di correre ai ripari. Innanzitutto tagliando i costi, alle stelle, dei carburanti, che hanno poi riflesso su gran parte della spesa familiare e ampliando la platea del bonus sociale per ridurre le bollette di luce e gas. Bisogna guardare alle imprese, ma anche alle famiglie, sempre più in difficoltà, attraverso un piano anti-crisi opportuno che il governo dovrebbe preparare per fronteggiare l’impatto sull’economia della guerra in corso in Ucraina. L’allentamento delle regole, come già accaduto con la pandemia, è destinato a replicare le misure a sostegno della liquidità delle imprese, ma anche i ristori a fondo perduto, magari attraverso un fondo ad hoc, che stavolta potrebbe però essere calibrato non tanto sulla perdita di fatturato quanto sui consumi di energia e sui settori che più risentono della crisi delle materie prime. I fondi a disposizione determineranno anche il perimetro dei sostegni alle famiglie perché, se aumentare il tetto Isee del bonus sociale potrebbe avere costi contenuti, mettere in campo una sterilizzazione dell’Iva o una riduzione, anche temporanea, delle accise su benzina e gasolio ha invece bisogno di coperture ingenti. Per reperire risorse si potrebbe lavorare anche sugli extra-profitti delle società elettriche, per estendere la misura che attualmente coinvolge solo le produzioni da rinnovabili, ma la materia è complessa e potrebbe richiedere più tempo. Per fortuna non si parla ancora di guerra mondiale e tutti speriamo che la diplomazia alla fine abbia il sopravvento e che un epilogo così nefasto per l’umanità venga evitato.

Luigi Bernabò

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