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EMILY BRONTE E KATE BUSH

Emily Brontë e Kate Bush – Una storia terribile che conquista l’eterno.

“Heathcliff, sono io, sono Cathy” dice il testo di Wuthering Heights, il primo singolo di Kate Bush, uscito il 20 gennaio 1978 e ispirato alla scena più cruenta dell’omonimo romanzo di Emily Brontë. Il titolo dell’opera, Cime Tempestose, pubblicata per la prima volta nel 1847, si riferisce tanto al nome della casa della famiglia Earnshaw quanto alla natura circostante e alla forza indomabile delle passioni che guidano gli uomini. Emily, nata il 30 luglio come Kate Bush, ma 140 anni prima, è la secondogenita delle sorelle Brontë: la maggiore, Charlotte, è l’autrice di Jane Eyre; la minore, Anne, ci ha lasciato invece La signora di Wildfell Hall e Agnes Grey. Figlia del curato del paese, la Brontë è cresciuta in una casa affacciata sul cimitero di Haworth, un villaggio dello Yorkshire noto per l’altissimo tasso di mortalità infantile. Forte e appassionata ma amante della solitudine e della brughiera, Emily ha dedicato la sua esistenza alla lettura e alla scrittura. Leggeva, per lo più, la letteratura romantica e settecentesca, da Lord Byron e Shelley ai romanzi di Walter Scott e i primi racconti gotici. Cime Tempestose, definito dalla sorella Charlotte “un romanzo terribile”, è una storia universale che sfida la morte e ci conduce nell’oltre: Emily fa del vento e della brughiera due personaggi che si chiamano l’un l’altro sotto forma di fantasmi, echi, apparizioni. La critica dell’epoca, sebbene unanime nel celebrare Jane Eyre, diede a Cime Tempestose un’accoglienza controversa. Strabordante di passione e violenza e senza finalità edificanti (si pensi alla mancanza di redenzione di Heathcliff, animato da un forte spirito di vendetta), il romanzo fu considerato “un libro demoniaco, un mostro incredibile la cui azione si svolge all’inferno, anche se i luoghi e le persone sembrano avere nomi inglesi”. Cime Tempestose rifugge da ogni collocazione e non ha né precedenti né seguito: l’autrice, infatti, non può essere considerata né romantica né vittoriana. E certamente un’outsider è anche la Wuthering Heights della Bush, cantautrice britannica destinata a rimanere nella storia. La sua voce era qualcosa di mai sentito prima: un suono acuto dall’estensione eccezionale. Il primo ascolto alla radio fu quasi uno “shock”. Nel Regno Unito il brano rimase primo in classifica per quattro settimane: era la prima volta che una cantautrice raggiungeva un risultato simile. La canzone del 1978 era fedele al romanzo del 1847 più di qualsiasi trasposizione cinematografica: in quattro minuti e mezzo la Bush era riuscita a condensare le quattrocento pagine che raccontavano l’amore, viscerale e soprannaturale, tra Cathy e Heathcliff. Al momento della stesura la diciottenne Kate non aveva mai letto il libro nella sua interezza, ma ne conosceva la storia, avendo visto la miniserie che la BBC ne aveva tratto nel 1967. Avere in comune il nome con la protagonista l’ha sicuramente aiutata ad entrare in empatia con la “squilibrata frenesia” di quel personaggio. La cantautrice ha dichiarato negli anni di aver sentito una connessione tale che ha persino trovato dei versi somiglianti nel libro dopo aver già scritto la canzone. Kate, che ha sempre avuto una naturale inclinazione per il mistico e l’esoterismo, ha così personificato il fantasma di Cathy. Ne ha vivisezionato i gesti, li ha reiterati, ne ha assorbito la rabbia e l’ha canalizzata, allungando le mani e danzando una delle suppliche più belle e disperate di tutti i tempi. Se Catherine avesse una voce, sarebbe quella di Kate Bush, se Catherine avesse un volto sarebbe sempre il suo. “È drammaturgia del movimento” si dirà del video di Wuthering Heights; d’altronde la cantante ha studiato danza e mimo con Lindsay Kemp, il maestro di David Bowie. Come i protagonisti di Cime Tempestose, Emily Brontë e Kate Bush resteranno sempre legate da una serie di sincronicità e suggestioni che aboliscono ogni idea di spazio e di tempo, creando un altrove in cui i morti continuano a comunicare con i vivi. Entrambe conquistano l’eterno, autrici di una storia –  prima letteraria, poi musicale – che, seppure terribile, continua a proiettare su di noi tutta la fascinazione del tormento.

Mariangela Maio

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