A 45 anni da “Il secondo tragico Fantozzi”, capolavoro assoluto di Luciano Salce
Il ragionier Ugo Fantozzi, tratto dal romanzo dello stesso Paolo Villaggio, viene trasposto sul grande schermo in una fortunata saga firmata da un genio, Luciano Salce. Film degli anni Settanta è stato, come nessun altro, la trasposizione grottesca, comica e molto spesso anche drammatica, della vita dell’uomo medio a quei tempi, identificato come l’impiegato senza laurea, casa in equo canone, che lavora in una mega ditta dal nome impronunciabile, continuamente vessato dai potenti e vittima dei suoi stessi colleghi. La mescolanza di personaggi è a dir poco formidabile. Su tutti aleggia una sorta di patetica sfortuna, anche su chi, nel racconto, vuole affrancarsene. È il caso del geometra Calboni, futile donnaiolo da sottoscala, ruffiano col potere per accaparrarsi una sorta di privilegio nell’interlocuzione. Personaggio fantastico, interpretato mirabilmente da Giuseppe Anatrelli. Come dimenticare poi l’inimitabile Filini, interpretato dallo straordinario Gigi Reder, l’organizzatore degli eventi più catastrofici che possano essere concepiti, dal Capodanno in un seminterrato, con l’improbabile maestro Canello che bara sull’orario, alla partita di calcetto nel più improbabile dei campi di periferia, alla partita di tennis alle 6 del mattino per finire alla gita sulla neve a metà maggio. “È un’organizzazione Filini” la frase detta a mo’ di presagio di sventura. Questa figura, come tutte le altre, si ispira al mondo reale. In ogni fabbrica o luogo di lavoro c’era sempre un personaggio del genere. L’impiegata sexy(?) dai dubbi gusti, che turbava i sogni dei colleghi. Anna Mazzamauro, perfetta nel ruolo, e tutta una serie di gag che sarebbero diventate (e lo sono tutt’oggi) intercalari abituali, volti a definire, metaforicamente, una situazione che ti si presenta. La crocifissione in sala mensa, l’autobus al volo, la vestizione con i tempi cronometrati, la nuvola da impiegato, l’interrogazione del direttore, cui era chiamato a rispondere sempre e solo lui che, al solito, esordiva con “Allora, dicesi kibbutz…”. Oggi, quando si vuole descrivere una situazione grottesca, si dice: “Alla Fantozzi” oppure: “Come è umano lei…”. Per evidenziare un comportamento tutt’altro che benevolo.
Geniali i nomi e gli acronimi dei potenti di turno. La Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, il Cavalier di Gran Croc. Figl. di. Putt. Gran Mascalzon Visconte Cobram, il Megadirettore Galattico, tutti rappresentati con le loro manie che, puntualmente, riversavano sui poveri impiegati. Come nel caso del professor Riccardelli, l’amante del cinema d’avanguardia che costringe a vedere film di 8 ore in concomitanza con le partite di calcio. “Scusi, chi ha fatto palo?”. Una delle scene cult, con Fantozzi che sfonda a pugni una finestra per avere la notizia. O come il megadirettore, rappresentato come Dio che accoglie il figliol prodigo nel suo ufficio con la sedia in pelle umana e l’acquario con gli impiegati a nuotarci dentro. Pianta di ficus, simbolo del potere. Le scene in cui ci si sbellica sono infinite, tutte rappresentate in quella comicità tragica di colui che non si ribella al destino avverso, subendolo come inevitabile. La famiglia rappresentata da una moglie bruttina e trascurata, la figlia dai tratti scimmieschi, in un affresco cinico e feroce della classe media di quegli anni che, lo ricordiamo, erano gli anni del boom economico, dove l’Italia era la quarta potenza mondiale. La critica aspra alla classe dirigente è evidente, una sorta di anticipazione del mobbing aziendale dei giorni nostri. Un’accusa, tramite iperboli dei personaggi, a chi per censo, per fortuna o per raccomandazioni, ricopriva posizioni di potere e di privilegio e le usava, in alcuni casi, con sadismo. Il Visconte Cobram, che arriva alla gara di ciclismo da lui organizzata, in una Fiat 2800, la stessa macchina di Mussolini. Tutto questo è nelle pieghe di una serie di film che, ovviamente, ricordiamo per le tante risate che ci siamo fatte. Uno dei personaggi più azzeccati della storia del cinema, con una batteria di caratteristi che non ha eguali nel cinema italiano. Ci sarebbe da scrivere molto, troppo, anche solo per ricordare le gag che riflettono la vita reale. In una sola scena, è concentrato tutto l’essere classe media negli anni Settanta: vestaglione di flanella, frittatone di cipolle, familiare di Peroni gelata e rutto libero. C’è Italia-Argentina, ma anche la corazzata Potemkin.
Carlo Marrazza
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