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4 PUNTI PER FAR RIPARTIRE IL VINO ITALIANO DOPO L’EMERGENZA CORONAVIRUS

L’Italia, nel 2019, con 46 milioni di ettolitri è diventata il principale produttore mondiale di vino con circa il 70% della produzione destinato a vini Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) e il restante 30% per i vini da tavola. Sul territorio nazionale, ci sono 567 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei francesi, secondo produttore mondiale, a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare l’Italia. Un vero e proprio boom del vino Made in Italy, che contava occupazione per 1,3 milioni di persone, dalla vigna al bicchiere. Dopo il lockdown forzato con la chiusura al pubblico della ristorazione, non solo in Italia, la situazione è precipitata vertiginosamente. Uno studio di Coldiretti/Ixè evidenzia che quasi quattro cantine italiane su dieci (39%) registrano un deciso calo dell’attività con un pericoloso allarme liquidità che mette a rischio il futuro del vino italiano. A pesare – sottolinea la Coldiretti – è stata la chiusura forzata della ristorazione avvenuta in Italia e all’Estero con un forte calo delle esportazioni dopo il record di 6,4 miliardi di euro nel 2019, il massimo di sempre, pari al 58% del fatturato totale. Ad essere colpita – continua la Coldiretti – è stata soprattutto la vendita di vini di alta qualità che trova un mercato privilegiato di sbocco in alberghi e ristoranti in tutto il mondo. Dati preoccupanti, che però non ci devono far dimenticare che proprio il vino italiano, come un’araba fenice, è rinato dalle proprie ceneri. Nel 1986 colpito dallo scandalo metanolo, che provocò 23 vittime con decine di persone con lesioni gravissime (perdita della vista) a causa delle intossicazioni causate dalla pratica di aumentare la gradazione alcolica del vino con il metanolo o alcool metilico, un alcool naturale che è notevolmente tossico. Dopo quella pagina triste, il vino italiano cominciava la sua scalata al mondo. Qual è stata la ricetta di quegli anni per riprendersi? Innalzamento della qualità, investimenti sul medio e sul lungo periodo, studio della grafica e delle confezioni, capacità di proiettarsi sull’export.

Oltre a questi semplici, ma fondamentali principi, da usare come mantra, aggiungiamo quattro fattori che porteranno al successo o all’insuccesso secondo noi. Il primo è sicuramente l’utilizzo delle nuove tecnologie. La vendita on line, la visita virtuale alle vigne e tutto quello che può avvicinare il consumatore al concetto di qualità. Il secondo è sicuramente uno sguardo diverso alla grande distribuzione. Se negli anni passati molti avevano visto i supermercati come il male, e praticamente tutti i grandi marchi di qualità avevano preso le distanze, c’è da riconsiderare questa che oggi diventa un’opportunità. Nuove regole, aree attrezzate per il vino, conservarlo alla giusta temperatura e nel modo giusto, un addetto che possa consigliare e tutte quelle accortezze che servono. La terza è sostenere, in maniera diretta e indiretta il mondo della ristorazione. Ristoranti e pizzerie sono fondamentali per il comparto del vino. Incrociati a filo doppio, l’uno non ha possibilità di sopravvivere se non sopravvive anche l’altro. Ultimo, ma non per importanza, rivedere i prezzi. Non un gioco al ribasso, ma un adeguamento sicuramente sì.

Federico Godio

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