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Ritratti di Madame Peluska

IL LUNGO ADDIO

M. Peluska al tocco di Antonio Ambrogio Alciati.

ADDIO…A Dio…No, a Dio non ti lascio! Il tempo non scorre, si annulla nel nulla attorno a noi e i baci non finiscono mai. Sono loro a non potersi dire ADDIO, mentre i corpi si allontanano trascinati dal peso delle incombenze. Quell’istante, il magnetismo inevitabile che trattiene il centro propulsore dell’amore: le labbra che si incontrano come scolpite nel marmo più “burreo”. Gli arti si adagiano delicati e gradualmente si indeboliscono, cadono molli; sono alla periferia di questo sinistro incantesimo.

Ad ogni respiro un tremolio, ad ogni ansimo l’elettricità negli occhi che li sgrana, li socchiude e poi li chiude per l’abbandono.

L’ostacolo effettivo (il cancello) impedisce la nostra presa da fondere nell’abbraccio più languido.

Alciati, sei proprio così! Un idealista del sentimento, dello scioglimento alla voluttà. Un romantico “classicista” sottoposto alla deformazione di primo ‘900. I colori si sfumano, le linee grondano le incertezze della modernità.

Chi sono le donne che ritrai? Affascinanti come il Mistero, inquiete come indagatrici dell’incubo. “La signora col cappello…” Si potrebbe fissare per intere vite senza riuscire a rivolgerle la parola. Tutto racchiuso nello sguardo tremendamente penetrante, e nella postura austera e mossa, da fotografia in bianco e nero.

E l’uomo? In quale sogno, visione o allucinazione hai catturato l’immagine dell’uomo svenevole dinnanzi o ai piedi della sua amata?! Maschi protesi a fare la corte; poco distinti nella descrizione estetica e spirituale. Non conta sapere, non ti interessa approfondire. Sono figurini affusolati slanciati al lancio del sentimento e della passione per la donna. La gentilezza diventa il tuo manierismo. La natura maschia non è compresa nei Comandamenti della borghesia che ti chiama a dipingere le sue vanitose falsità.

Eppure esiste il ritratto della sensualità più accesa, attraverso la giocosa scelta del “vedo non vedo”; la vampirizzazione completa, antecedente al Dracula di Bram Stoker. La figura si espande come la notte sulla sua pelle lunare, e sembra (non lo vediamo), baciarle il collo, affondare un morso per succhiarle l’anima. La presa è forte e, mantiene il corpo esangue alzato in una stanza. Il bouquet rosso, un gingillo omaggiante, è sconquassato a terra all’impeto dell’aggressione amorosa e all’arresa di lei. Qui, elegante Alciati, risparmi ogni retorica! L’uomo non suona il violino, non bacia la mano, non resta al cancello per l’ultimo saluto…Qui “azzanna”, predomina indiscusso sulla vittima immediatamente arresa. Non esistono contenimenti al desiderio di divorare lo spazio figurativo con l’iconica effusione d’amore, e la pittura completamente “impazzita” dalla confusione della scena. Il buio e la luce dei soggetti, la donna soccombente alla sua bella forza…Mi gira la testa, anch’io mi sciolgo, e la ripresa è lunga, molto lunga…Ma al tocco di Alciati non riuscirò mai a dire ADDIO!

Rachele Siniscalchi Montereale

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