La parola è un’arma potentissima nelle mani di chi scrive: un disadattato diventa un guerriero con la spada, quando impugna la sua penna. Primus inter pares fra tutti i disadattati, il poeta combatte la sua battaglia di civiltà e di umana disperazione percorrendo “la strada meno battuta” (“Non è vero che non credo nelle persone, io credo nelle persone, ma solo nella minoranza”, dice il grande Nanni Moretti nell’epica scena del semaforo, tratta dal film “Caro Diario”). Il suo particolare sentire, all’atto della versificazione, riabilita la parola dalla strumentalizzazione e dagli abusi del potere, dall’oscurantismo che affligge la società moderna, dal pensiero unico dilagante, dalla mediocrità del gregge che rifugge la bellezza. È lo scontro, più che mai attuale, tra il potere del linguaggio e il linguaggio del potere: tra le forze che partoriscono connessioni risonanti tra anime affini e tra noi e i diversi pianeti cosmici, e quelle che, differentemente, imbrigliano la parola nelle maglie degli slogan dei partiti sovranisti e dei movimenti privi di identità politico-culturale, facendone un pericoloso strumento di esclusione sociale e di soggiogazione delle masse cieche e obbedienti. Una lirica di Walt Whitman, dal titolo “Oh me, oh vita”, ci esorta a credere nella forza delle idee che, attraverso la poesia, possono ispirare un cambiamento nel mondo.
“Oh me, oh vita!
Domande come queste mi perseguitano,
infiniti cortei d’infedeli,
città gremite di stolti,
che vi è di nuovo in tutto questo,
oh me, oh vita!
Risposta:
Che tu sei qui,
che la vita esiste e l’identità,
che il potente spettacolo continua
e che tu puoi contribuire con un verso”.
Milena Cicatiello
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