Un viaggio a Lourdes tra fede e allegria.
Un titolo impegnativo che mi aveva portato a pensare ad un libro puramente religioso, ma conoscendo la penna dell’autore, l’ironia che lo contraddistingue, il modo di scrivere fluente ma profondo, quel titolo mi ha incuriosito ancora di più. Ho iniziato a leggere le prime pagine e a mano a mano che entravo nella storia del libro e nella vita dell’autore venivo catapultata in un mondo a me sconosciuto. Un modo nuovo e originale di scrivere di fede, anche per chi non è un fedele esemplare, fino a focalizzarne l’attenzione, diventando una vera e propria calamita per il lettore. Vincenzo ripercorre la sua vita, dall’infanzia alla maturità, si entra attraverso i suoi occhi in un mondo di tradizioni familiari e culturali in parte persi nella vita odierna. Il racconto assume il valore di una vera memoria storica, di cui farne tesoro. Si leggono aneddoti divertenti che ti fanno sorridere a tua insaputa lasciandoti però sempre in dono un pezzo di esistenza che da quel momento diventerà propria. Il sorriso che accompagna il lettore per tutto il libro, non è mai privo di significato, è un vettore di messaggi, che entrano nel cuore senza arrecare fastidi, si siedono al tuo fianco donandoti una pace che non riesci a spiegarti, ma che ti fa sentire bene, una specie di mantello di pace Zen che ti dona serenità.
Il libro può avere diverse chiavi di lettura a seconda del modo di vivere la fede, così come vi può essere una lettura puramente documentaristica per chi è ateo e si avvicina ad un mondo sconosciuto, entrando grazie all’autore all’interno di un vissuto, quello dei viaggi verso luoghi sacri, senza preconcetti o dogmi fatti, veicolato solo dall’emozione di Vincenzo. Si conosce la vita dei barellieri e delle dame che si adoperano per assistere gli ammalati durante il viaggio e la permanenza a Lourdes, figure a cui personalmente non avevo mai pensato. Durante il viaggio e la permanenza a Lourdes, si alternano momenti goliardici di pura allegria a momenti di grande riflessione, la vita di barellieri e dame si fonde con quella degli ‘ospiti’ diventando un tutt’uno. Non si è più soli. Sorrisi, carezze, abbracci non solo fisici, inondano tutti coloro che vi partecipano, anche lo stesso Vincenzo sente quel calore, e come egli stesso afferma: “Da quel viaggio, credente o meno, si torna diversi”. Alla fine del libro, sorge spontanea una domanda: “Ho letto un libro religioso?”. No! Non lo era o, forse, lo era sotto mentite spoglie? Per un attimo resto a chiedermi cosa ho letto, lo riapro e ritrovo alcuni passi sottolineati, sorrido pensando a quante ne ha combinate il piccolo e il grande Vincenzo e rifletto sul vivere della sua fede con gioia. La fede vissuta con la leggerezza descritta da Vincenzo è il modo migliore di entrare nel suo credo. Il treno dei sogni è uno di quei libri che insegna senza avere la pretesa di farlo, dona come il classico caffè sospeso che si lascia nei bar di Napoli, non sai a chi andrà ma neppure ti interessa, quel donare ti fa stare bene.
Laura Russo