Gianluca Bota, come lui stesso ama definirsi, è un accumulatore seriale di emozioni e sorrisi. Per lavoro viaggia molto, ma in ogni trasferta cerca la costa più vicina per affacciarsi al mare, anche solo per qualche minuto, legame questo che lo accompagna in tutti i suoi libri. Ha pubblicato due romanzi ed un libro adottato nelle scuole per l’infanzia. Nel suo primo libro, “La barca dipinta di blu” (che ho letteralmente divorato in pochi giorni) ho trovato non solo un racconto coinvolgente, ma anche insegnamenti, riflessioni e, come nei migliori film, un colpo di scena con finale a sorpresa. Nel suo scritto vengono trattati temi importanti come la dislessia e le diversità in un modo completamente nuovo. La storia inizia con l’incontro tra Luca, un ragazzino di 12 anni e Lupo, uno scontroso anziano dal passato misterioso, legati dal progetto comune di restaurare una piccola barca blu. Il lettore viene trascinato in un’avventura in cui si alternano momenti leggeri ad altri di grande profondità, raccontati in modo dissacrante come solo l’autore (blogger apprezzato nel mondo social per la sua simpatia irriverente) riesce a fare. Come è solito fare in modo schietto e sincero ha risposto ad alcune mie domande.
Nelle presentazioni dei tuoi libri, dei veri e propri spettacoli, spingi le persone a vivere il momento. Questo tuo spirito motivazionale è frutto di un lento processo di maturazione o insito in te?
“Entrambe le cose, di base sono una persona che ama godere il momento condividendolo con gli altri, ma è anche vero che con gli anni si matura la consapevolezza che quello che c’è davanti a te è sempre meno di quello che c’è dietro e il pensiero di vivere appieno la vita si rafforza”.
Se Luca non avesse incontrato Lupo, la sua vita sarebbe stata diversa?
“È una domanda che mi sono fatto anch’io. Quell’incontro gli ha permesso di vivere cose che, oggi, molti suoi coetanei perdono. L’arricchimento, frutto di questo confronto generazionale è stato fondamentale per la sua vita, una grande fortuna”.
Nel tuo blog c’è una sezione chiamata Botalab, dedicata alla realizzazione di progetti filantropici. Quando hai capito che il tuo scrivere poteva diventare strumento per scopi benefici?
“È stata una vera e propria scelta, il mio lavoro è un altro, considero questi libri un dono e, come tale, reputo che sia giusto che diventino strumento per regalare un sorriso o dare un aiuto ad altri”.
Chi ti segue in rete conosce bene le tue “Botanate”, pensieri fuori dagli schemi che invitano a sorridere o a riflettere, come nelle Note di Bota. Vorrei concludere questa intervista con un tuo pensiero.
“C’è chi passa la propria vita a sognare e chi prova a fare della propria vita un sogno. La felicità è una scelta”.
Laura Russo