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LA CASA DI MATTEO: UN AMORE SENZA FINE

Ci sono storie che andrebbero vissute, più che raccontate, e la Casa di Matteo è decisamente il racconto di una realtà e di un progetto che nasce da una storia vera e di uno straordinario amore. La Casa di Matteo è un progetto molto speciale, nato per portare alla realizzazione una casa di accoglienza per 7 bambini orfani con gravi malformazioni, tumori, patologie, bisognosi non solo di cure specialistiche e particolari, ma soprattutto di un amore familiare ed intenso e di un dolce accompagnamento spesso fino al termine delle brevi vite. Progetti così intensi e significativi è complicato individuarli, si opera nel silenzio, solo trasferendo amore, ma la sensibilità di una mamma “speciale”, Cristina, ha fatto sì che questa realtà venisse individuata, e dopo una visita che ha lasciato un segno tangibile, immediatamente è diventata parte integrante del tessuto sociale di Giffoni Valle Piana, con il coinvolgimento di altre mamme e volontari in azioni solidali per sostenere questo impegnativo esempio di amore. Ma chi è Matteo? Matteo era un bimbo adottato, amato e particolarmente desiderato da due genitori. Purtroppo, dopo un anno dalla sua adozione, viene diagnosticato al piccolo un cancro particolarmente minaccioso. Ha lottato tenacemente Matteo fino alla fine della sua breve esistenza insieme alla mamma ed al papà. Ebbene i suoi genitori adottivi sono stati uno strumento per far sentire Matteo figlio, attraverso il compito di dargli affetto ed amore incommensurabili, per accompagnarlo dolcemente per mano nel suo nuovo mondo. Se Matteo fosse rimasto in qualche casa famiglia prima di essere adottato, ed il cancro fosse sopraggiunto, non avrebbe mai avuto nessuna famiglia e assolutamente solo avrebbe lasciato la vita terrena. Il piccolo Matteo, scomparso dall’abbraccio dei suoi genitori, risorge nello spirito e nel sorriso di tanti altri bambini malati ospiti di questa straordinaria casa di accoglienza, che arricchisce di valori il quartiere Vomero di Napoli, ai quali viene donata, da educatori, personale specializzato e volontari accuratamente preparati, una possibilità per attutire il tormento di un destino crudele e sfortunato. Ora è il caso di affrontare un argomento spinoso, poiché sono ancora molto poche, comprensibilmente, le richieste di adozione per i bambini con malformazioni o affetti da gravi patologie. Una coppia che decide di adottare è decisamente protesa alla vita. Tanti sono i bambini che nascono nei nostri ospedali e che, a causa di gravi disabilità o di terribili tumori, vengono spesso lasciati alle cure dei medici perché nessuno può o vuole prendersene cura. Molte volte, in casi di disabilità sociale, la scarsa cultura della prevenzione durante la gravidanza convince le donne a partorire bambini malati, per impossibilità economica e sociale, e lasciarli abbandonati negli ospedali. Ed è a questo punto che incombe la necessità di accogliere i piccoli nella Casa di Matteo, quando è possibile, una volta dimessi dall’ospedale, qualora la famiglia non sia presente o in grado di gestire i bisogni del bambino e di prendersene cura. Di garantire una continuità assistenziale a bambini con gravi patologie che causano disabilità severa e che presentano bisogni complessi di tipo sanitario, prendendosi cura anche dei loro bisogni educativi. Offrire il massimo delle cure possibili in un contesto accogliente e familiare attraverso l’aiuto di persone competenti con le quali i bambini costruiscono legami affettivi importanti. Accogliere anche per brevi periodi bambini complessi dal punto di vista assistenziale, offrendo alle famiglie un sollievo temporaneo nella quotidiana cura, prendendosene cura, qualora si verificasse, anche nella fase terminale della vita del bambino, accompagnando lui e i familiari (se presenti), a un evento che richiede una grande partecipazione umana ed emotiva. È una realtà che spiegarla diventa complicato, bisogna viverla, per percepire la forza ed il coraggio che non è facile neppure concepire quando si è costretti a vivere l’esperienza più dolorosa che possa toccare ad un genitore oppure anche a chi si trova ad assistere bimbi assolutamente abbandonati nel loro dolore, con la prospettiva di una sofferenza che è difficile anche solo esprimere con la parola. Bisogna riconoscere che la società ancora non è pronta a considerare che esiste un bisogno che supera ogni confine, e che servono prove estreme di sensibilità e di autenticità necessarie per ripercorrere in silenzio la rispettosa attenzione per le ferite altrui, solo così l’amore diventa libero da quell’egoismo e da quella fragilità per immaginare un mondo più solidale verso il prossimo.

Luigi Bernabò

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