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LA CULTURA NELLA COSTITUZIONE ITALIANA

Qual è il ruolo che la cultura occupa nella nostra Costituzione?

Tra i Principi Generali della Costituzione italiana del 1948, ovvero tra i concetti immodificabili su cui si fonda la struttura della nostra comunità e su cui si traccia il modo in cui essa si presenta al mondo intero, spicca, per slancio e contemporaneità, l’articolo 9, che permette di connotare quella italiana come una “Costituzione Culturale”. L’articolo nacque come sintesi di un dibattito serrato tra coloro che sostenevano la tesi secondo la quale questi fenomeni umani fossero essenzialmente già liberi per la loro stessa natura e che dare loro una veste normativa poteva risultare una cosa superflua, e altri secondo cui tale principio necessitava di essere esplicitato per garantire alle arti e alla scienza, specie in riferimento a quanto accaduto durante il ventennio fascista, un’autonomia in grado di contrastare anche l’evoluzione storica e sociologica e non solo il momento in cui la Costituzione stessa veniva concepita. Tra questi spiccarono principalmente Aldo Moro e Concetto Marchesi, che ne fecero un vero e proprio punto fermo della loro attività di costituenti. Il Marchesi, in un’accorata relazione, dichiarò che “se è vero che arte e scienza sono mere astrazioni, per cui non sono di per sé né libere né serve, è altrettanto vero che le manifestazioni del genio artistico e le teorie scientifiche possono essere oggetto di censura e come tali vanno tutelate”. Il testo dell’articolo 9 fu infine licenziato in questo modo: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Un testo modernissimo, coraggioso, mai così esplicitamente espresso nelle grandi Costituzioni democratiche precedenti. Un testo che sembra dettato da una lucidissima visione lungimirante, in grado di anticipare la relazione tra ambiente, ovvero il paesaggio in senso lato che all’epoca faceva riferimento al pensiero di Benedetto Croce, secondo il quale il paesaggio consisteva in un tutt’uno tra le bellezze naturali del Paese (luogo dell’identità storica e culturale della comunità e come tale meritevole di protezione), la ricerca scientifica, il patrimonio culturale e la promozione di queste attività per il bene comune. Una lettura attenta ci fa comprendere, altresì, che ambiente, ricerca e cultura sono dunque trattati alla stregua di beni comuni da considerarsi attivi, ovvero in grado di produrre un incremento del benessere in chiave sociale ma anche economica, anticipando tematiche contemporanee quali l’ecologismo, la sostenibilità e la “cultura creativa”. L’interesse dello Stato per questi argomenti, al fine di evitare l’affermazione deviante di una cultura dominante e statalista, è stato poi bilanciato dall’art. 33 della stessa Costituzione, il quale garantisce che la cultura e la ricerca siano libere dall’ingerenza dei pubblici poteri. Sembrerebbe, dunque, tutto chiaro e bello. Eppure, tra le tante porte aperte da questo articolo, rimane qualche dubbio proprio sull’attuazione del suo intento primario, ovvero l’accesso alla cultura e alla ricerca. Volendo riflettere per un istante, ci viene in mente che ancora molti, troppi, sono gli ostacoli presenti. Proviamo a fare un rapidissimo e sintetico elenco: mancanza di luoghi di aggregazione culturale; costi elevati e problemi infrastrutturali per musei, collezioni, mostre; teatro e cinematografia in perenne crisi; editoria in via di estinzione; accesso alla ricerca universitaria un tantino lottizzata; mancanza di luoghi e di eventi divulgativi, (biblioteche, rassegne, festival). Ciascuno di noi può facilmente rendersi conto di quanti ulteriori elementi potremmo inserire in questa elencazione. E questo, attenzione, nel Paese che vanta il primato dei Siti UNESCO patrimonio dell’umanità, ben 54, di cui 49 a carattere culturale e 5 naturale, ma tutti rientranti nel nostro meraviglioso art. 9, che dovremmo imparare a rispettare di più, soprattutto attraverso un cosciente slancio civile, da esprimere dal basso verso l’alto.

Valentina Cicatiello

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