I ragazzi del massacro. La crisi del noir italiano dura da 20 anni.
Cosa siamo diventati. Il passo indietro del cinema italiano, che un tempo faceva scuola, risulta tristemente evidente. I confronti con nuove realtà, come, ad esempio, quella spagnola, e latina in generale, capace di elaborare prodotti di assoluta qualità anche nei generi che non ti aspetti, è impietosa. Prendiamo il noir, di cui “Mientras duermes” del 2011(Bed Time), con il bravissimo e carismatico Luis Toras, è un perfetto esempio. Regia di Alejandro Amenabar, che è cileno di nascita ma le sue produzioni sono spagnole essendo lui naturalizzato della penisola iberica. Suo anche il thriller gotico a sfondo horror “The Others”, agghiacciante per tensione narrativa e dal finale terrificante, con un’ispiratissima Nicole Kidman. O “Mare dentro”, dove uno straordinario Javier Bardem ti incolla al dramma “evitabile” e perciò irritante per impatto a prescindere. Il vecchio maestro Almodovar ha trovato degni eredi, cosa che non abbiamo fatto noi, aggrappati ai due Oscar di Benigni e Sorrentino come su un vetro saponato. A memoria di chi vi scrive, gli ultimi e forse unici noir degni sono “L’odore della notte” di Claudio Caligari, cupo e livido ritratto della borgata romana, quella cattiva e spietata, di cui Giallini e Mastrandrea sono interpreti credibili (e bravi) e “L’imbalsamatore” di Matteo Garrone, dove un devastante Ernesto Mahieux traccia l’oscurità dell’essere umano come peggio (meglio) non si potrebbe. Poi, il nulla o quasi. Serie TV? La nuova frontiera del cinema. Non c’è nemmeno da avvicinarsi. Quelle italiane sono la fiera del banale e della non recitazione (salviamo Gomorra, prima e seconda non di più, e Romanzo criminale per le storie vere che fanno parte del nostro passato buio) mentre prodotti come “La casa di carta”, “Domina”, “La regina degli scacchi”, “Halston”, “True detective” per citarne alcune, sono semplicemente di un pianeta diverso. La nuova generazione di registi italiani, purtroppo, non è nemmeno lontana parente della precedente e di quella ancora prima. I Monicelli, i Bertolucci, la Wertmuller, Ettore Scola non ci sono più. Un prodotto come “Birdman” di Alejandro Inarritu, per esempio, noi ce lo possiamo solo sognare. Come i film di Roy Andersson, per fare un altro esempio. Con il cinema francese, settore commedie, diciamo che non c’è mai stata gara e i tentativi di “scopiazzare” qualcosa o, in alcuni maldestri episodi, di riproporli esattamente come i predecessori d’oltralpe, riempiono di vergogna l’italico spettatore medio-alto, assumendo il rango di “boiata” per acclamazione. Emblema di questo sconcio è, per esempio, “Benvenuti al sud”, che ricalca per filo e per segno il delizioso “Giù al Nord”. Il film è solo un insulto, con il patetico tentativo di mutuare le realtà dei piccoli paesini del nord della Francia applicandoli a Milano e Napoli, come se la sconosciuta Bergues Passo di Calais fosse sovrapponibile alla città partenopea. Ed ecco che ci esaltiamo per commedie da due soldi come “Perfetti sconosciuti” che, paragonato a “Cena tra amici”, un bijou transalpino, che vorrebbe indegnamente ricalcare, scompare nell’oceano del mediocre, giudizio arrotondato verso l’alto, per indulgenza. Questo siamo.
Carlo Marrazza
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