Per la prima volta nella storia è stato fotografato il buco nero che si trova al centro della Via Lattea, si tratta di una fotografia ottenuta grazie alla collaborazione internazionale di Event Horizon Telescope (Eht) e con il contributo italiano di Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Università Federico II di Napoli e Università di Cagliari. Questa è effettivamente la seconda testimonianza ufficiale dell’esistenza dei buchi neri, dal momento che circa tre anni fa si ebbe la prima foto ufficiale del buco nero M87, letteralmente mille volte più grande di quello scoperto adesso, tuttavia molto più distante da noi. Lo scatto storico è stato frutto del lavoro di più di 300 ricercatori di 80 istituti in tutto il mondo che insieme formano la Collaborazione EHT. Come è possibile notare dall’immagine, il gigante divoratore di stelle, che prende il nome di Sagittarius a*, non è visibile in maniera diretta dal momento che non emette alcun tipo di luce, tuttavia è molto semplice notare una scia di gas brillante che circonda la sua regione centrale scura chiamata “ombra”. L’immagine, che farà velocemente il giro di tutto il mondo, è stata ricavata grazie ad una rete globale di otto radiotelescopi che hanno lavorato all’unisono, quasi come fossero un unico strumento, puntando il centro della nostra galassia per diverse notti, raccogliendo dati per molte ore di seguito, in modo simile a quando si fa una lunga esposizione con una macchina fotografica. “Un vero e proprio sogno che si avvera”: queste sono state le parole dell’astrofisico professore dell’Università di Cagliari Ciriaco Goddi, coordinatore del gruppo europeo di BlackHoleCam, uno dei progetti da cui ha avuto origine la Collaborazione EHT. Si tratta di una scoperta tanto attesa perché dimostra la correttezza delle previsioni contenute nella teoria della relatività generale di Einstein e rappresenta ancora una volta quanto sia importante ed utile la cooperazione internazionale nel campo della ricerca scientifica. Come detto in precedenza, per completare l’immagine ed ottenere i risultati odierni ci sono voluti circa cinque anni di lavoro con l’utilizzo di migliaia di simulazioni e modelli teorici. “È uno straordinario risultato della cui portata riusciremo a renderci conto davvero solo con il tempo. Complimenti al grande e globale gruppo di lavoro che ha consentito di raggiungerlo e, all’interno di questo, alle scienziate e agli scienziati italiani. Questa scoperta dimostra come le reti collaborative di ricerca internazionale siano fondamentali per il progresso di tutti e di come sia importante per l’Italia farne parte”. Queste le parole del Ministro dell’Università e la Ricerca Maria Cristina Messa.
Fernando Giordano
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