I profughi in fuga dal conflitto si ritrovano a vivere una realtà devastante, a cui non sono in grado di farvi fronte e necessitano di un supporto psicologico mirato e specializzato. Parliamo per la maggior parte di donne e bambini, costretti ad abbandonare le proprie abitazioni, a dire improvvisamente addio ai propri mariti, ai propri padri ed a salutare, andando via, il loro paese che, allontanandosi, vedono cadere. Per tentare di comprendere cosa stiano vivendo queste persone proviamo a pensare a cosa proveremmo noi se fossimo costretti ad abbandonare i nostri affetti, la nostra realtà e tutto ciò che fino a quel momento rappresentava la nostra vita. Ci riusciamo? Difficilmente, perché dinnanzi ad un dolore così grande essere spettatori da remoto non basta a comprendere il disastro emotivo che sta accompagnando tutte le vittime di tale realtà atroce. I profughi durante la fuga, mediante il meccanismo di rimozione dell’evento, rielaborano fantasticamente quanto avvenuto, con la convinzione che presto ritorni tutto al suo stato iniziale, prendendo totalmente le distanze dalla realtà dei fatti. Il crollo arriva però nel momento in cui giungono a destinazione e prendono coscienza di quanto è accaduto, questo è il momento in cui tutte le difese, inconsciamente messe in atto da loro, per far fronte al dolore crollano, lasciandoli inermi. Il sostegno psicologico per i profughi ucraini è fondamentale per aiutarli a superare un trauma di tale portata, che li accompagnerà per tutta la vita. Bisogna comunicare rispetto a queste persone, rispetto per ciò che hanno vissuto, quel rispetto umano che non gli è stato portato da chi ha dato il via a tutto questo. La prima cosa da fare per un supporto adeguato è esserci, dimostrare a queste persone che non sono sole e che sono salve, rassicurandole che la loro identità non è stata portata via dalla guerra e che l’identità è più forte della guerra stessa. Gli psicologi stanno formando operatori e volontari in modo tale da dare supporto e cure ai profughi ma senza dar loro l’impressione di essere assistiti o di prendere decisioni al posto loro, in quanto sono persone con una grande dignità che meritano di riceverne altrettanta da parte nostra. L’obiettivo degli operatori è quello di fornirgli gli strumenti giusti affinché si risollevino da soli, purtroppo però non sempre è possibile ed in questi casi si attiva la rete territoriale di percorsi clinici adeguati al caso. Nel rispetto di una cultura che, nonostante la profonda ferita, non si è mai piegata alla compassione ma ha preservato la propria identità, oltre ad offrire supporto c’è da imparare; come ho precedentemente detto, ricordiamo che siamo il frutto di un mondo strettamente interconnesso, c’è da donare per quando ad aver bisogno di doni saremo noi, c’è da ascoltare per quando ad aver bisogno di ascolto saremo noi e c’è da imparare per evitare che tutto questo possa ripresentarsi.
Dott.ssa Ludovica Emanuela Liccardi