“L’estate sta finendo”, cantavano i Righeira. Non alla Laura, dove a settembre l’estate è già finita. Il nuovo lungomare dovrebbe rappresentare il prolungarsi della stagione turistica. Ma la chiusura di alcuni lidi di sera lascia la strada buia e vuota a fare da sfondo a una sfilza di cabine.
“L’estate sta finendo”, cantavano i Righeira, che se fossero stati a Capaccio Paestum, ai primi di settembre, avrebbero di sicuro usato un verbo al passato, cantando, a ragione, di un’estate già finita. E allora, quando qualcosa si conclude, quando una stagione volge al termine arriva repentino il momento dei bilanci a dirci se la somma è stata positiva o negativa, a farci riflettere su virtù e difetti, accantonando i primi e considerando i secondi. Per chi, come il sottoscritto, abita una zona di mare, le riflessioni si concentrano inevitabilmente su cos’è stata la stagione dei turisti, su quanti e per quanto se ne sono contati. Bisognerebbe allegare i numeri, certo, che magari per qualcuno rappresentano un gruzzoletto da mettere in cascina per l’inverno mentre per altri sono pochi spiccioli che non valgono la fatica, fatto sta che l’estate è trascorsa e il primo settembre è sembrato essere il giro di boa verso la solita desolazione dei mesi freddi, con le strade che ritornano a essere buie e deserte e i luoghi desolati e silenziosi. Eppure quest’anno il nuovo lungomare avrebbe dovuto rappresentare il prolungarsi del turismo, la sua destagionalizzazione, insomma, lo spartiacque tra un prima e un dopo che, tuttavia, a guardare bene percorrendolo di sera, non c’è stato. Ecco perché quest’anno il bilancio è doppio, su quello che è stato il turismo e su quello che è stato il turismo sul lungomare. Se riguardo al primo i dati sembrano essere in tendenza con gli altri anni, l’incidenza del secondo, invece, non è per niente incoraggiante. Certo, l’opera merita, per carità, ma forse non merita come venga sfruttata da chi invece dovrebbe farla fruttare. Non merita la chiusura di alcuni lidi di sera, lasciando strutture buie e vuote a fare da sfondo a un mare che non si vede. Non merita i prezzi esorbitanti che rendono il litorale una questione di censo e l’occupazione selvaggia a danno delle spiagge libere una faccenda privata. E neanche merita che da un lato i fiori del “Teatro Ariston di Sanremo”, con annesse luci proiettate già al Santo Natale, facciano da contraltare alla sfilza di cabine di cemento di strutture balneari che dovrebbero, quantomeno, avvicinarsi al concetto di modernità. Il lungomare ha cambiato il volto del nostro litorale, non vi è dubbio, ma è il momento che si cambi anche la mentalità di chi, non tutti sia chiaro, quel lungomare dovrebbe renderlo il posto che si pensava che fosse. È il primo anno, per carità, e le considerazioni vogliono essere più un invito che una critica feroce. Però adesso, “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, avrebbe cantato uno, che pure veniva da Torino come i Righeira.
Pasquale Quaglia
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