Connect with us

Ciao, cosa stai cercando?

Il CommendatoreIl Commendatore

Il cinema ritrovato

LINA WERTMULLER, FILM VITA E ANIME.

Lina Wertmuller, film, vita e anime della madre della commedia tragica.

Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich. Questo non è uno scioglilingua, ma il nome vero di Lina Wertmuller. Spesso si parla di perdite nel cinema, di quei personaggi che avrebbero potuto, voluto e che erano destinati a fare storia dietro o davanti ad una cinepresa. James Dean, per fare un nome, Philip Seymour Hoffman e Heath Ledger per nominare storie più recenti. C’è chi, invece, è riuscito ad incidere e, spesso, ad indirizzare il cinema Italiano e non solo, nel corso di una vita. Questo è senz’altro il caso di Lina Wertmuller, uno dei nostri “Lasciapassare” nel mondo, quelle persone che ti invidiano e a cui molti si ispirano senza però nemmeno avvicinarsi alla complessità irriverente, alla profondità dell’esplorazione di tematiche sociali, mirabilmente portate sullo schermo dalla grande regista italiana. Già i titoli che dava ai suoi film marcano il confine tra lei e i comuni mortali. Talento precoce, dopo gli inizi in radio, collabora con Fellini ne “La Dolce Vita” e in “8½” facendo molta gavetta. Le sue prime esperienze da regista sono alla fine degli anni ‘60, ma è nei primi anni ‘70 che, forse scoprendo la migliore coppia del cinema, capace di incarnare perfettamente la sua idea e il suo stile, indirizza davvero la storia del cinema italiano. Toni forti, situazioni sopra le righe, in cui il grottesco impera, ma solo per evidenziare le incongruenze di quel contesto sociale, quello di una società in cambiamento, quello delle lotte operaie e delle nuove consapevolezze. “Mimì metallurgico ferito nell’onore” è il primo film che vede quelli che sarebbero poi diventati una icona del cinema della Wertmuller: Giancarlo Giannini e Mariangela Melato. La perfetta trasposizione sullo schermo del ruolo sociale della donna e dell’uomo in Italia, nell’eterno dialogo tra Nord e Sud, tra la borghesia e il proletariato, fatto però in maniera sempre ironica e disincantata, senza mai prendersi sul serio. Un ritratto pungente della realtà sociale in essere. Questi toni, queste tinte deflagreranno definitivamente in “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto” forse il film più iconico, quello che è rimasto impresso nella memoria per le innumerevoli scene da tramandare. I dialoghi tra Gennarino Carunchio e Donna Raffaella Pavone Lanzetti sono il manifesto del cinema, del messaggio che la Wertmuller vuole portare sullo schermo. Il “bottana industriale”, il suo “ora mi hai rrotto la minchia”, “lavami i mutanne” racchiude e sintetizza in maniera perfetta quello che era il pensiero delle classi medio basse di fronte ai ricchi sfruttatori. Un film semplicemente impossibile da pensare, anche nell’epoca moderna e che invece è datato 1974. L’interpretazione di Giannini e della Melato sono la storia del cinema. Nessuno sarebbe arrivato a quelle vette di autenticità. Il film con cui la Wertmuller entra nell’Olimpo dei grandi, quello, per intenderci, che per stile viene studiato nelle scuole di cinema negli anni successivi, è “Pasqualino Settebellezze”. Un film devastante per trama e per evolversi degli eventi. Una prima parte comica e surreale, in cui il delitto d’onore viene sviscerato in chiave meramente grottesca, lascia il posto ad una seconda parte che, pur senza tralasciare la parte ironica, è avvolta dal dramma della guerra e dei campi di concentramento in cui il finto guappo Pasqualino Settebellezze è chiamato a compromessi oltre il limite umano solo e unicamente per “restare vivo”. La scena del corteggiamento alla Komandante fatta con le ultime energie è un insieme di comicità e strazio che Giannini rende indimenticabile. Gli eventi lo portano a scegliere chi deve vivere e chi deve morire e, in ultimo, a sparare al suo migliore amico. Per restare vivo. Fulminanti le ultime battute, in cui un Pasqualino, ferito e senza più lo sguardo da gradasso di paese, si guarda allo specchio e dice, dopo le carezze della madre: “Sì, sono vivo…”. Il film è la consacrazione internazionale della Wertmuller, che ottiene un enorme successo anche negli Stati Uniti tanto da valergli ben 4 candidature all’Oscar: miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior film straniero e, in ultimo, il miglior attore protagonista, Giancarlo Giannini. Oscar che avrebbe meritato di gran lunga. Prima regista donna ad avere una candidatura dall’Academy.

Carlo Marrazza

IL RICORDO PERSONALE di Pierluigi Iorio

Chi può esibire una esperienza lavorativa con Lina Wertmuller? Chi può esprimere il privilegio e l’onore di aver parlato di teatro e di cinema in maniera conviviale con una leggenda? Mi sento un fortunato. Lina, perché così si faceva chiamare da tutti, mi accolse in casa sua. Lei era alla regia di uno spettacolo teatrale con Nancy Brilli, “A che servono gli uomini”, e io ero il coordinatore artistico dello spettacolo. La sua grandezza artistica merita continui attestati di stima. Qui mi piace ricordare la donna, la persona che si è dimostrata con me. Semplice e molto gentile, totalmente consapevole della sua grandezza, che però non ti faceva mai pesare e che anzi, con aneddoti, tendeva a dissacrare. Eravamo in casa sua, il suo Oscar alla carriera sul tavolino basso di fronte al divano sul quale eravamo accomodati. Io seduto e l’Oscar sul tavolino. Potete immaginare. Ad un certo punto non resisto e chiedo: “Lina, posso toccarlo?”. Risposta: “Ma facce quello che vuoi! Portatelo…”. Questo per dire. Me lo sarei portato a casa per davvero! Lo agguantai pensando fosse più leggero. Prima che io potessi addirittura pensarlo, mi fece: “Dai, caccia il telefono e facciamoci una foto”. Dopo diverse risate (e molte foto…), mi raccontò di quando era a Cannes, pochi mesi prima dell’Oscar: “Stavo seduta e mi si avvicina uno che comincia a parlarmi all’orecchio in inglese. Io dico sì, sì, poi, quando va via, mi giro verso mia figlia e dico: Ma questo che cazzo ha detto? Beh, il questo era Leonardo Di Caprio e gli stava sussurrando che l’Academy gli avrebbe conferito l’Oscar alla carriera. Penso sia superfluo aggiungere altro. Ecco, voglio ricordare Lina così, una donna libera e straordinariamente intelligente. Aver collaborato artisticamente con lei è una cosa che potrò raccontare, con orgoglio, ai miei nipotini.

Leggi la copia digitale de Il Commendatore Magazine.

Spazio Pubblicitario

Facebook

Puoi leggere anche

Articoli

Il primo Campionato Italiano della Mozzarella 2021 parte con la lista dei 100 caseifici selezionati per la fase preliminare. Due i tabelloni degli scontri...

Ritratti di Madame Peluska

L’autunno, “fredda estate dei morti”, non è solo silente momento di transizione. Questo tempo suggella l’incontro con i fantasmi, il congelamento di vecchi ricordi,...

Articoli

Ci auguriamo, come spesso avviene, che la nostra sollecitazione porti l’Amministrazione a darsi una mossa e completare presto i lavori in modo da avere...

Rigo Diritto

Regina Elisabetta: la Regina dei record. Se n’è andata la regina dei primati. La regina Elisabetta era sul trono del Regno Unito dal 6...