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Il cinema ritrovato

MERCOLEDÌ ADDAMS NON È COME LE ALTRE (E FORSE NESSUNA LO È).

Scrivere di cinema significa anche analizzare “un prodotto” il cui impatto è devastante a tutti i livelli: audience, invasione social, isteria collettiva, imitazioni improbabili, al di là della bontà del prodotto stesso. Parliamo, ovviamente, di “Mercoledì”, la serie Tv targata Tim Burton. Stracciati tutti i record possibili in quanto ad ascolti nella prima settimana, la serie ha avuto un seguito enorme, con scene già diventate iconiche e facili prede del mondo social, soprattutto sulla piattaforma Tik Tok, in cui, se non ti imbatti ogni 2 minuti in un rifacimento, casalingo/pecoreccio e non, del ballo di Jenna Ortega, significa che non ti funziona il telefono. La figlia di Morticia e Gomez, personaggio di contorno nella celebre serie degli anni ‘60, dove i vari Lurch, Zio Fester, cugino Itt, erano i protagonisti, ha cominciato a evidenziarsi nelle due pellicole di Barry Sonnenfeld degli anni ‘90, dove, appunto, Cristina Ricci dà vita alla prima “Mercoledì” divenuta centrale nel racconto e unico volto associato al personaggio nell’ultimo trentennio. La storia è un teen drama, molto elementare nella sua lettura, in cui però i particolari fanno la differenza, a celebrare quello che sta diventando il livello qualitativo delle serie TV. Tecniche già sperimentate di marketing, quelle che ti creano l’attesa mesi e mesi prima, la firma di uno dei cineasti più famosi del genere gotico- animazione-fantasy, budget illimitato, location appropriate, hanno fatto sì che “Mercoledì” fosse un successo annunciato. È quello che accade sovente nella nuova frontiera del cinema, appunto, le serie tv. Sempre in aumento i grandi attori e grandi registi che si cimentano in questi lavori. Il prodotto va a migliorare rispetto a quello inguardabile di qualche anno fa, segno che la via è tracciata, si andrà sempre meno al cinema e sempre più sulle piattaforme, con prodotti ruffiani ma ben confezionati, ben interpretati e ben diretti. Ed ecco che puoi sentire niente di meno che “No, je ne negrette rien” di Edith Piaf nella prima scena, permetterti solo qualche cameo per calibri come Catherine Zeta Jones e Luiz Guzman (Morticia e Gomez Addams) e un racconto che si incentra quasi esclusivamente sulla protagonista. Scegliere l’erede di Cristina Ricci non era semplice e la leggenda narra come Jenna Ortega abbia fatto il provino, tramite Zoom, completamente ricoperta di sangue. Serie girata sul versante rumeno dei Carpazi, perfetta location per una serie gotica. I riferimenti ai precedenti lavori di Tim Burton si sprecano, ora in maniera evidente, ora meno. Esempio: le pareti del bar dove sono state girate molte scene, il Weathervane Cafe, sono tappezzate di immagini dei vecchi film dello stesso Tim Burton. I riferimenti visivi a Beetlejuice, con la sua parrucca indossata da un topo imbalsamato o come la testa rimpicciolita, scena iconica di Michael Keaton, sulla scrivania della direttrice, sono ricorrenti. Così gli omaggi alla serie capostipite in bianco e nero, come l’orso impagliato, sempre nell’ufficio della direttrice. Altro pregio, i costumi. Accuratamente scelti e adattati. I costumi della Ortega sono solo in bianco e nero mentre tutti gli altri sono colorati, così da creare il contrasto e farla apparire da subito fuori posto. Jericho, la città costruita interamente in Romania, è tutta colorata, mentre la Nevermore, la scuola per studenti particolari è completamente in stile Maniero/ Gotico/New England. I contrasti sono il vademecum del regista nella serie. Curiosità: il look della Preside è totalmente ispirato a Melania, la protagonista de “Gli Uccelli” di Alfred Hitchcock. La protagonista merita un discorso a parte. Jenna Ortega, origini messicane (il padre) lanciata in un vortice di succ…Nota a margine. Se uno fa pensieri sessuali estremi su Jenna Ortega, anni ‘20, pare brutto?

Carlo Marrazza

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