La delusione e l’ira dilagano tra noi titolari delle palestre e delle piscine. Le saracinesche delle attività sportive resteranno abbassate almeno sino al 5 marzo. Ad eccezione dei soli agonisti in preparazione per competizioni di preminente interesse nazionale, il popolo sportivo è rimasto per troppo tempo abbarbicato tra le mura domestiche a farne di necessità virtù, tra esercizi a corpo libero, attrezzature personali e soluzioni di fortuna. Il comparto del fitness e del nuoto è in ginocchio. Le lamentele sono tante e si estendono all’unisono dai titolari delle palestre a quelli delle piscine. Il nuovo governo dovrebbe valutare la mancata fatturazione della singola azienda ed intervenire in maniera differente. Il ristoro di un mese è zero. Bisognerebbe fare una valutazione annuale. Per gestire attività del genere, il ristoro una tantum non copre quasi nulla delle spese. Lo studio dell’associazione Arisa dice che il 35% delle palestre rischia di chiudere. Andando avanti così sono a forte rischio e molte di esse non riusciranno ad arrivare a primavera. Siamo chiusi dal 24 ottobre dello scorso anno. Ci sentiamo abbandonati da tutte le istituzioni, come non servissimo a nulla. Nonostante quanto abbiamo investito per mettere a norma le nostre attività non possiamo aprire, e non è dimostrato che i nostri centri fossero luoghi dove la gente contraeva la malattia. Oltre al danno economico, che ha già fatto chiudere tanti colleghi, ci sono anche i danni fisici. Tanti clienti, non potendo fare attività fisica, riscontrano problemi di obesità e cardiovascolari, problemi di postura e recupero funzionale. Altri non hanno potuto fare la riabilitazione post infortunio. Non bastano una corsetta all’aperto o un giro in bici per risolvere, serve un’assistenza professionale di operatori di settore, come noi.
Vincenzo Ferruzzi