La retorica del Sindaco Alfieri ha un preciso obiettivo: convincerci che non siamo altro che scaffali vuoti.
C’è un’immagine che da un po’ di tempo non riesco proprio a levarmi dalla testa: è quella del sindaco Alfieri che battezza la “nuova” biblioteca mettendo in risalto degli scaffali vuoti. Qualcuno, ho letto sui social, si è anche risentito della cosa, accusando Alfieri di non aver avuto neanche la furbizia di comprare qualche libro per abbellire lo scenario. Peccato, però, che quella del sindaco non sia una gaffe, ma un’intenzione. La sua retorica, infatti, ha un preciso obiettivo; convincerci che non siamo altro che scaffali vuoti. Ogni opera intrapresa, qualsiasi azione e programmazione sono corredate da slogan chiari e precisi, del tipo “le cose stanno cambiando” oppure il discusso “punto e accapo”. Che sia il lungomare, la casetta dell’acqua, il cinema o la biblioteca, che sia per turismo, manutenzione o cultura, ogni pietra posata ha un intento nitido, ricordarci quello che non siamo stati. E potrebbe andarmi anche bene il rimprovero, una, due e pure la terza volta, ma dopo un po’ la continua predica comincia a essere stantia e fuoriluogo e, soprattutto, quando si parla di cultura e di luoghi del sapere “questa ostentazione seriosa di io, io, io”, come direbbe Jep Gambardella, risuona anche abbastanza ridicola. Che le cose cambino lo sappiamo da millenni, l’hanno detto greci e latini tempo fa, prima di Alfieri e pure prima di Voza, ma tra il cambiare e il cambiare in meglio c’è un abisso e questo pure dev’essere considerato. Se poi il sindaco pensa che prima di lui c’era il deserto, bene, non voglio neanche dargli torto, anzi, lo pensi pure e ogni mattina, prima di indossare la fascia, se lo ripeta davanti lo specchio quant’è bravo e simpatico. A noi, però, risparmi la manfrina. La cultura dev’essere inclusiva e i suoi luoghi, che da soli non bastano a darle forma, non siano il “punto e accapo”, ma piuttosto le parentesi che uniscono la collettività. Cultura è in fondo questo: sapere che al mondo esiste l’altro. Senza questa consapevolezza i libri possono benissimo stare sotto un tavolo, a fermarne il piede traballante, piuttosto che riempire scaffali utili esclusivamente per accrescere l’ego di qualcuno. Ah, e a proposito di libri, caro sindaco, “Cose di Cosa Nostra” di Giovanni Falcone compie trent’anni. E se la “nuova” biblioteca ripartisse proprio da quest’opera?
Pasquale Quaglia