Meduse e tracine
Da istruttore di Primo Soccorso e da professionista del soccorso in mare, uso, appena giunto sulla spiaggia, riempire una bottiglia di acqua di mare e metterla al sole. Perché? Nelle acque antistanti le nostre spiagge potremmo trovare due organismi che potrebbero causarci dei problemi. Un pesce, la tracina; e un celenterato, una medusa in particolare. Le meduse che vediamo transitare nelle nostre acque sono prevalentemente di due specie: la Cothilorizha tubercolata o Cassiopea mediterranea, una medusa che può anche raggiungere i trenta quaranta centimetri di diametro, come tutte le meduse gelatinosa, con tentacoli tubercolati corti e le estremità di varie tonalità di blu e viola oppure marroni, dipende dalla specie. Mentre il bordo perimetrale del corpo presenta un colore bianco latte. E poi abbiamo la Rhizostoma pulmo o Polmone di mare, la medusa più grande del mediterraneo, il suo ombrello può raggiungere in alcuni casi anche il metro di diametro, con otto tentacoli raccolti a grappoli, medio lunghi, generalmente di colore bianco. L’ombrello si presenta quasi trasparente con il bordo perimetrale sul blu. Questa medusa, a differenza della Cassiopea, potrebbe crearci problemi se casualmente venissimo a contatto con i suoi tentacoli. Non è un estremamente urticante, in quanto, la sostanza rilasciata provocherà solo una leggera irritazione, causando per lo più bruciore e un prurito fastidioso. Nel giro di poche ore sparisce tutto. Potrebbe risultare essere pericolosa nei soggetti estremamente sensibili, quali bambini e anziani, cui potrebbe provocare una reazione più grave, ma mai mortale o con conseguenze gravi. Le meduse si fanno trasportare dalle correnti, di cui non riescono a contrastare il movimento. Le meduse sono temute dai bagnanti perché il loro contatto provoca reazioni sulla pelle, ma non sono loro ad attaccare: in genere sono i bagnanti che si avvicinano eccessivamente all’animale e involontariamente lo urtano. Si parla impropriamente di puntura di medusa: la medusa non punge, né morde, ma in risposta ad un potenziale pericolo i suoi tentacoli emettono una sostanza urticante per la pelle. Infatti, sulla parte dei tentacoli più lontana dal corpo si trovano delle cellule di difesa altamente specializzate chiamate cnidociti all’interno delle quali si trovano dei “sacchetti” contenenti il liquido urticante (nematocisti), e piccole formazioni appuntite a spirale (spicole) mantenute sotto pressione e che funzionano come piccole frecce. A seguito dell’urto fra un tentacolo e una persona, le nematocisti rimangono attaccate alla pelle e le spicole liberano le sostanze urticanti. Il liquido delle nematocisti contiene sostanze costituite da amminoacidi e proteine sensibili al calore, che possono innescare processi allergici di diversa gravità. Quando i tentacoli toccano la pelle si avverte una sensazione di forte bruciore e dolore; subito dopo il contatto la pelle si irrita e si formano dei segni come linee incrociate rosse e gonfie con formazione di piccole vescicole. Il bruciore comincia a diminuire dopo cica 10-20 minuti, ma rimane una intensa sensazione di prurito. La maggior parte degli effetti dovuti al contatto con le meduse presenti nei nostri mari si risolve in poche ore, con una semplice reazione della pelle e un po’ di dolore. Il Primo Soccorso punta alla riduzione del dolore, disattivando la sostanza urticante, con un trattamento locale delle zone di pelle interessate. Cosa fare? Qui entra in scena la nostra bottiglia d’acqua messa al sole. Versare sulla parte interessata acqua di mare calda 45/50 °C, infatti le tossine sono termolabili e vengono disattivate con della semplice acqua calda (attenzione a non usare l’acqua dolce perché causerebbe la rottura delle nematocisti ancora intatte e il rilascio di altro liquido urticante). Cosa non fare: non grattarsi, le nematocisti potrebbero rompersi, peggiorando la situazione; non toccare le nematocisti (le parti di tentacoli rimasti sulla pelle) con le mani, per evitare di trasferire parte del liquido urticante a zone particolarmente sensibili come occhi e mucose; non strofinare la zona colpita con sabbia; non usare ammoniaca o urina (contenente ammoniaca), alcol o aceto (a meno che non si conosca la specie con cui si è entrati in contatto) perché non hanno alcuna azione sul liquido urticante delle meduse e potrebbero ulteriormente irritare la parte colpita; non esporre al sole la parte colpita per qualche giorno o utilizzare creme a protezione solare totale, per evitare la formazione di macchie. In caso di complicazioni come arrossamento e/o gonfiore diffuso della pelle, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, nausee, vomito, vertigini, confusione, recarsi al Pronto Soccorso. Le tracine vivono in particolare su fondali sabbiosi e/o fangosi. Sul fondo le tracine si mimetizzano perfettamente ed è molto difficile individuarle dalla superficie, anche in acque poco profonde. Il pericolo si nasconde nelle spine dorsali (da 5 a 7) del pesce che sono robuste e velenose; in condizioni di riposo sono abbassate, ma vengono erette appena la tracina si sente disturbata (ad esempio dall’avvicinarsi di bagnanti). Se punti, anche per le tracine il Primo Soccorso è uguale a quello detto riguardo le meduse. Stando in acqua il pericolo maggiore cui si potrebbe andare incontro è la sensazione di panico che prende l’infortunato che viene a contatto con queste specie, dato che in acqua non siamo nel nostro elemento naturale e questo potrebbe risultare molto pericoloso se non addirittura fatale. Come sempre, che siate l’infortunato o il soccorritore, le azioni che dovete conoscere sempre sono le stesse: fermarsi; respirare; pensare; agire. Alla prossima.
Pasquale Annunziato
Istruttore PSTI della Croce Rossa Italiana
Istruttore BLSD IRC Comunità
Istruttore Advanced Oxigen Provider PADI/DAN