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RAPPORTO TRA GIOVANI E PAESE

Un tempo, con una certa dose di retorica dicevamo di non sapere come fosse il mondo di domani, di sapere però che esso sarà come lo vorranno i ragazzi di oggi, e sarà sul loro orologio che si dovrà leggere l’ora del futuro. Allora i giovani erano molti e in forte crescita, si parlava di baby boom, per cui la frase aveva un senso. La società, uscita dagli orrori della guerra, era tutta impegnata a costruire il futuro. Si cresceva a ritmi sostenuti e i problemi dei giovani erano più facilmente individuabili e gradualmente risolvibili: istruzione, salute, lavoro. Poi è venuto il ’68, e i giovani hanno contestato la qualità di quello sviluppo, chiedendo, con maggiore radicalità e urgenza, più uguaglianza delle opportunità e maggiore distribuzione del potere e del benessere. La fase successiva della società italiana non ha tenuto fede alle prospettive di qualità della crescita e di inclusione avviate, sia per la carente risposta delle istituzioni, sia per l’emergere di spinte regressive nel movimento, sia per la crisi della politica, incapace di risposte all’altezza dei problemi, sia infine per il sopraggiungere di crisi economiche che hanno rotto l’equilibrio del vecchio modello di sviluppo rallentando notevolmente la crescita. Oggi la situazione è del tutto cambiata e la frase suindicata suona come falsa e carica di ipocrisia. Innanzitutto, perché i giovani oggi sono pochi, come da tempo ci spiegano le tendenze demografiche, tanto che l’intera popolazione italiana è in diminuzione nonostante la necessaria integrazione dei migranti. In secondo luogo, perché i giovani oggi paradossalmente contano meno di ieri: in famiglia, nella scuola, nel lavoro e più in generale sono largamente trascurati nelle priorità delle politiche pubbliche. L’incontro con il lavoro acquista per i giovani spesso i caratteri di un vero e proprio trauma. È infatti in tale occasione che si sperimentano i gravi effetti di un Paese che da anni non cresce, non innova, non offre una consapevole prospettiva di sviluppo nella quale i giovani possano individuare un loro futuro in sintonia con le loro aspettative maturate durante e dopo la scuola. Invece i lunghi tempi di ricerca di un lavoro, la qualità scadente e precaria delle concrete possibilità di occupazione che spesso suonano come una svalutazione del valore dello studio precedente. Una condizione di difficoltà e di umiliante subordinazione che spesso determina la scelta di cercare lavoro all’Estero dove spesso è più facile trovare un’occupazione di qualità. A queste difficoltà del presente si aggiungono le preoccupanti prospettive per il futuro, che possono determinare una vera e propria frattura generazionale nelle condizioni di vita. Ci stiamo incamminando sul complicato sentiero di una ripartenza del Paese, senza rendere esplicita una visione sul suo futuro, con l’aggravante che coloro che, nel bene e nel male, saranno in gran parte i futuri protagonisti dell’impresa, rischiano di rimanere largamente trascurati e lasciati ai margini. Se nel ’68 reagirono con la contestazione dei caratteri di quel certo benessere raggiunto, con esiti alterni, oggi la situazione è diversa e peggiore, perché diversa è la fase di sviluppo e i giovani sono pochi e con minori possibilità di mobilitazione collettiva. Ciononostante molti giovani stanno reagendo positivamente con l’impegno personale e nel volontariato. Ma non illudiamoci che questo sia sufficiente. Data la situazione, dobbiamo aspettarci una reazione ben più profonda e diffusa. I segnali che in vario modo le diverse società democratiche stanno inviando riguardano la politica che, essendo in crisi, ricerca vie di ribellismo antidemocratico che spesso non rifiutano la violenza. La diffusione delle bande giovanili nelle quali la pratica della violenza gratuita risulta l’identità prevalente, e i ricorrenti ritrovi di giovani per dar luogo a risse collettive fine a sé stesse, rimangono manifestazioni presenti e diffuse. Se questi episodi dovessero incrociare organicamente l’ideologia politica e diventarne parte, più o meno consapevole, dovremo aspettarci un futuro molto più complicato e difficile. O la politica saprà trovare le scelte e la pratica di governo, segnate da una responsabilità all’altezza dei problemi del Paese, o le sorti dell’Italia saranno esposte a tutte le involuzioni possibili.

Luigi Bernabò

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