La pandemia ha indotto l’Europa a un importante momento di riflessione. Oltre ai danni di stampo sociale – ove, purtroppo, ci si è trovati costretti a contare decine di migliaia di morti – sono emersi tutti i limiti dell’assetto economico comunitario, nonché le precarie risorse dei singoli stati membri (ad eccezione di pochi) inidonee a fronteggiare un fenomeno di tale portata. Inefficienti, appunto, si sono dimostrati i fondi nazionali, a circuito interno, degli Stati maggiormente colpiti (Italia, Spagna e Francia in primis). Conseguentemente, larga parte del circuito economico-produttivo è stato compromesso. Non poche sono state le realtà economiche costrette a chiudere (e innumerevoli i posti di lavoro andati perduti) alla stregua della difficoltà nel reperimento di liquidità teso a garantire la sopravvivenza – nonché il sostentamento – delle medesime.
Occorreva, pertanto, una risposta imminente e tangibile da parte dell’Unione Europea tale da rievocare gli ideali nei quali, la stessa, trova la sua ragion d’essere: collaborazione, solidarietà, condivisione (anche delle perdite). Risposta che si è avuta con l’approvazione di una misura ad hoc: Il Recovery Fund. Ma cos’è il Recovery Fund? Come funziona? Il significato letterale di Recovery Fund è “fondo di recupero”. Il finanziamento di questo fondo avviene attraverso una raccolta di liquidità da parte dell’Europa con l’emissione di particolari titoli. Si procede, quindi, a un’equa ripartizione del rischio ma in prospettiva futura, senza una vera mutualizzazione del debito passato. I soldi saranno reperiti grazie all’emissione di debito garantito dall’UE e arriveranno soltanto nel primo trimestre del 2021. Gli Stati membri non devono erogare soldi, ma solo esprimere una garanzia rispetto al fatto che, nel caso di necessità, sostengano i titoli. La Germania, per esempio, è garante per circa 200 miliardi di euro. Il debito complessivo di 750 miliardi di euro dovrà essere ripagato dall’Ue entro la fine del 2058, ma si inizierà a farlo ancora all’interno dell’attuale esercizio di bilancio settennale, ossia prima del 2028.
All’Italia, stando a un documento interno della Commissione, sarebbe destinata la fetta più grossa di questo fondo: circa 172 miliardi, di cui 81,8 miliardi stanziati a fondo perduto e prestiti ulteriori per 90,9 miliardi. La Spagna, che insieme al nostro Paese è in Europa tra i più colpiti dal Coronavirus, dovrebbe invece ricevere la seconda parte più alta: 140 miliardi di euro (77 di sovvenzioni e 63 di prestiti). Poi la Polonia con 63,8 miliardi. A seguire Francia e Germania rispettivamente 38,7 e 28,6 miliardi di euro. Viene in tal modo concesso all’’Italia non solo un doveroso aiuto ma anche un’importante occasione di rilancio. La degna gestione di tali risorse determinerà una svolta, un incipit foriero del riscatto economico agognato da decenni.
Mattia Tarallo