SEDUTA IN UNA SALA D’ATTESA.
Seduta, in una sala d’attesa di un reparto di oncologia, con il cuore in gola, come la prima volta, penso a quanto ancora mi sembri strano essere qui. Ricordo la primissima esperienza, quando ancora non avevo chiaro davanti a me il percorso da affrontare e la paura l’aveva vinta su tutto. Ricordo lo sguardo accogliente di chi, prima di me, aveva vissuto le mie stesse emozioni. Persone del tutto normali, senza segni evidenti del passaggio di una tempesta, ma con quella luce negli occhi che si riconosce immediatamente. Altre, invece, ancora in piena terapia con la forza di un leone, le vedevo cercare di sorridere e dare coraggio. Paradossalmente, in questo reparto si respira più vita di quanta se ne possa avvertire altrove, si assapora il valore delle piccole cose, si ha una sensazione di calma e fiducia che poche volte ho avuto modo di sentire. Capisco che possa sembrare strano a chi legge queste parole, o che possa sembrare addirittura scontato, ma oggi mi rivolgo soprattutto a chi sa esattamente di cosa sto parlando, a chi ha purtroppo vissuto sulla sua pelle quest’esperienza. Voi con me dall’altra parte della barricata, voi che come me, leggendo queste parole, sarete avvolte da quelle sensazioni che sto provando io seduta qui, in questo momento. Compagne di avventura, mi piace chiamarvi, voi sapete esattamente quella porta chiusa cosa rappresenta in questi momenti di attesa, sapete perfettamente che, anche se sembra andare tutto bene, c’è sempre quella piccola probabilità che dopo aver varcato quella soglia si possano apprendere notizie poco piacevoli, ed ancora, conoscete esattamente quella sensazione di leggerezza che si prova andando via sentendosi dire: “va tutto bene”. A voi oggi va il mio pensiero per tutte le volte che siete e sarete sedute ad attendere che la luce della vita l’abbia vinta sul buio che abbiamo attraversato.
Antonella Lamberti