Succession, una Serie TV influente, riuscita e magnetica.
Ciclicamente, oltre ad occuparci di film, registi, movimenti cinematografici, attori e ciò che in generale riguarda il grande schermo, la sua storia o anche l’attualità, poniamo l’attenzione su quelle che ormai sono diventate parte integrante del quotidiano di moltissime persone, con un incremento iperbolico di utenti negli ultimi anni. Parliamo delle Serie TV. La concezione che se ne aveva solo qualche tempo fa era di un sottoprodotto per zie anziane, che facevano la maglia con i ferri e che interrompevano quando dovevano cucinare o quando passava lo sceneggiato. Con l’avvento delle piattaforme e la conseguente moria di gente che va al cinema, ormai le Serie TV la fanno da padrone, con le pagine dedicate che sono piene di consigli vari, alcuni molto azzardati, perché la spazzatura esiste anche in quei prodotti che alcuni, rapiti da qualche scena, definiscono “capolavori”, mortificando un termine che meriterebbe ben altra sorte. Ebbene, come detto nell’incipit, alcuni di questi prodotti meritano ampiamente. Ce ne siamo occupati altre volte ma in altra luce, cioè quella della cosa ben fatta e preparata per avere grande successo di pubblico, come ad esempio “Mercoledì” e “La regina degli scacchi”. Oggi parliamo di una serie che è davvero formidabile, secondo chi vi scrive. Si chiama “Succession”, ed ha avuto la sua conclusione alla quarta stagione. La caratteristica principale di questa serie è che tutti gli attori sembrano i protagonisti. Ognuno ha ritagliato il suo calco e, cosa fondamentale per un prodotto del genere, sono tutti bravissimi. Tutti in parte, fino a farti addirittura irritare per quanto siano, fino in fondo, meschini, arrivisti, falsi e patetici, in alcuni casi. Basta vedere le prime scene per capire che è fatto coi soldi, perdonate la frase buttata lì. La trama si basa sul business, quello vero, quello che non conta i soldi, tanti ce ne sono, ma, in realtà, è una saga familiare in cui tre fratelli, che non potrebbero essere più diversi uno dall’altro, combattono i loro fantasmi all’ombra di un padre che ha fondato un mondo. Esempio: Kieran Culkin, fratello di quello di “Mamma ho perso l’aereo”, è semplicemente fantastico. Interpreta un ruolo difficile, che deve coniugare follia e genialità, manie e gestione, fragilità e strafottenza ma, ripeto, si fa fatica a distinguere chi è il vero protagonista perché, in realtà, lo sono tutti. Caratteristi ad accompagnare altrettanto bravi, scenografia impressionante e location (scusate, detesto la parola) da sogno. Aerei presi per andare in Norvegia a concludere un affare per poi essere a cena a New York per concluderne un altro. Coltellate alle spalle, dialoghi spettacolari, e la fragilità di uomini di potere assoluto. Una serie che ha la caratteristica di non scadere, pur essendo dipanata in quattro stagioni. Renderne il tema è difficile, perché le sfaccettature sono infinite, ma altrettanto evidenti. Si distinguono tutti, pure i comprimari. Jeremy Strong, Brian Cox, Sarah Snook, insieme, come detto, a Kieran Culkin, sono l’ossatura ma, ad esempio, nelle serie successive alla prima appare Alexander Skarsgard, figlio di quel grandissimo attore, Stellan, che sembra essere davvero bravino. Colpi di scena a ripetizione, ripensamenti, promesse disattese, odio che sembra amore. Trovare una serie decente è impresa ardua. A volte, però, capita che trovi quella devastante. E questa lo è. Quando vedi un po’ di puntate, capisci che, alla fine, è tutto nella sigla iniziale. Un capolavoro di musica e immagini. Questo articolo vale come consiglio, vedetela e non ve ne pentirete. Ah, menzione finale per un attore a molti sconosciuto, Matthew Macfadyen. Guardate la parte che interpreta.
Carlo Marrazza